Meraviglioso Filippi!

Come noto, fra orrido e sublime corre un sottilissima linea. Su quella linea Filippi salta, balla, piroetta. Quasi sempre cade. L’ultima impresa del kasinese scegliete voi in quale versante si colloca: emette un feroce comunicato stampa contro l’Italia dei Valori per un banchetto in piazza dove era esposto un manifesto con le foto di Stalin e Berlusconi e lo slogan “stessa pasta”. Leggere per credere (o meglio cridere):

idv_berlusconi_stalin.jpg“Parole che ci riportano indietro nel tempo – attacca Fabio Filippi, consigliere comunale del Popolo della Libertà – e una riproposizione del linguaggio dei gruppi eversivi più radicali, attivi in Italia negli anni settanta. Un linguaggio inaccettabile da parte di una forza politica organica alla maggioranza in Comune a Reggio Emilia e per anni forza di governo nel Paese. Tutti sanno chi era Stalin, un sanguinario comunista, un dittatore che sulla coscienza conta milioni di vittime innocenti. Il leader politico di un tremendo regime come era quello dell’Unione Sovietica”.

“Non ci risulta che Berlusconi – prosegue l’esponente del Pdl – sia un comunista, non ci risulta che Berlusconi sia un assassino e non ci risulta che Berlusconi sia un dittatore, tanto più che personaggi irresponsabili come i militanti reggiani dell’Idv si arrogano il diritto, senza che nessuno dica nulla, di scrivere sui propri manifesti idiozie che neppure divertono i più sprovveduti. Personaggi che, purtroppo, abbiamo avuto modo di conoscere in altre occasioni: famosi gli insulti, sempre a Reggio, alla seconda carica dello Stato in occasione della festa del tricolore. Un momento triste per la nostra città, a dimostrazione che a sinistra c’è ancora chi non ha rispetto per le istituzioni statali”.

Filippi ha chiesto quindi al sindaco Delrio di espellere dalla sua maggioranza e dalla sua giunta i rappresentanti dipietristi, “partito che si rapporta alla vita politica reggiana con un linguaggio lontano da ogni forma di decenza e un approccio antidemocratico alla realtà sociale e civile della nostra città. Il modello democratico e liberale promosso in tanti anni di governo dal presidente Berlusconi – conclude Filippi – è apprezzato e riconosciuto da tutti i paesi democratici. Un lavoro costante, portato avanti con responsabilità e capacità. Un esempio per tutti che potrebbe essere utile, soprattutto, a quegli irresponsabili dell’Italia dei Valori”.

Peccato però:

1. Il banchetto NON fosse dell’IdV ma dei Grillini (ben visibile l’amico Marmiroli), vabbè, tanto sono tutti comunisti….

2. Che ” Il modello democratico e liberale promosso in tanti anni di governo dal presidente Berlusconi …è apprezzato e riconosciuto da tutti i paesi democratici”, in realtà sia goduto solo da sinceri democratici come Putin, Gheddafi e Lukashenko.

Da nostri fidati informatori a Mosca pare che il defunto Josif alla notizia dell’accostamento al premier mascarato si sia rivoltato alcune volte nella fossa….

E’ tutta colpa di Grillo (ma anche no) di Andrea Scanzi

Che spettacolo. Che spettacolo. Che spettacolo. Queste elezioni mi hanno caricato come una molla dopata (?). Il Pd ha toccato nuovi abissi di inutilità colpevole. L’Unità ha detto che è colpa di Grillo (e Luttazzi è uguale a Berlusconi). Bersani ha detto che il vento è cambiato (ma non si sa in che senso). E la Finocchiaro ha detto che nel Lazio tutto sommato è andata bene, perché ha comunque vinto una donna.
A me queste cose mi caricano, agli italiani gli caricano (cit).
Altre considerazioni.

7 a 6 (ma ha vinto chi giocava in trasferta). Cinque anni fa (nel mezzo è passata un’era geologica) finì 11 a 2. Un 8 a 4 sarebbe stato il minimo sindacale per la sinistra (ahahahahahah). Invece è stata mattanza, 7 a 6 risibile. Tutte le regioni in bilico a Berlusconi. L’ennesimo disastro del peggiore centrosinistra d’Europa, che ha coerentemente (almeno in questo) generato il peggior centrodestra d’Europa.

“Berlusconi è in crisi”. Il mantra di molti, troppi ottimisti. Che evidentemente vivono su Plutone. Oppure leggono solo Repubblica (per cui le elezioni del 2008 dovevano finire in parità). “Berlusconi è in crisi” non è una elaborazione politica: è una speranza. Gli italiani (la loro maggioranza) amano l’uomo forte, furbo, che si è fatto da sé (e Gaber sapeva bene di cosa fosse fatto). Berlusconi rappresenta al meglio il peggio degli italiani (cit). Berlusconi finirà solo con la sua dipartita terrena (sempre che non sia immortale). O – nel caso migliore – con il processo Mills, su cui però pesa il rischio (certezza) della prescrizione. Continuerà comunque il berlusconismo. Per sempre. Montanelli parlava di vaccino. Io parlerei, piuttosto, di Ebola.

Pd, acronimo di una bestemmia sprecata. Il Partito Disastro ha realizzato ieri l’ennesimo capolavoro. Ha vinto dove non poteva non vincere e l’unico miracolo (Vendola) è accaduto malgrado il Pd (fosse stato per il Dalailema, addio). Opinionisti e tromboni si interrogano da anni sui motivi della crisi del Pd. Sbagliando alla radice. E’ il Pd stesso la crisi.

E’ colpa di Grillo. Il grande capolavoro di questa tornata elettorale. I polli di allevamento piddini, con tanto di editoriali tronfi e parole buttate là a casaccio, ha individuato nei 70mila voti del Movimento 5 Stelle in Piemonte la causa della crisi. Lo ha scritto perfino Concita De Gregorio, in quel giornale così aperto e notoriamente libero che è L’Unità. Questa analisi, la cui miopia dimostra da sola quanto il Pd sia irrecuperabile (oltre che correo), è meravigliosa. Al di là del fatto che in Piemonte ci sono stati un milione di astenuti, che numericamente valgono un po’ più dei voti grillisti, il punto è lo sbarazzino rovesciamento della realtà fatto dal Pd. Non è che loro debbano conquistarsi la fiducia. No: il voto gli spetta per diritto regio. Lo esigono. In nome del meno peggio, si presume. Mercedes Bresso, pasionaria di sinistra à la  Aznar, ha detto (più o meno) che quelli che hanno dato il voto a Grillo sono dei cialtroni che hanno consegnato il Piemonte a una destra razzista. Certo: come quelli che, quando perdono, scaricano la colpa sull’arbitro (e non mi risulta che in Piemonte si fosse candidato Ovrebo). Riassumiamo: la Bresso ha detto cose allucinanti (o quantomeno poco condivisibili) su Tav, nucleare e quant’altro. Ha cercato di convincere i moderati ricalcando pedissequamente modi e mosse (programmi) berlusconiani (Sveltroni non ha insegnato nulla). Ha trattato, come tutto il centrosinistra “che conta”, Grillo e i grillini come paria, denigrandoli e sottovalutandoli. Poi, dopo aver perso, non poco stupita dal loro exploit (non avendo minimamente il polso del reale: altrimenti non sarebbe del piddì), si è ricordata che esistevano e ha gli ha dato la colpa. Idolo. Sarebbe come se io, dopo avere insultato e dileggiato una donna per anni, la offendessi perché lei poi non me l’ha data. Lady Mercedes, come i suoi esegeti, si metta bene in testa una piccola cosa: ha perso perché ha governato male. Perché il Pd è una sciagura. Perché non se ne può più di questa unica motivazione del turarsi il naso. Chi è causa del suo male pianga se stesso (cit). E magari dica addio alla politica.

Sì,  ma aritmeticamente la colpa è di Grillo. No, anche aritmeticamente è colpa di chi non si è messo nella situazione di farsi votare. Il Pd perde perché l’indulto, perché il conflitto d’interessi, perché il Dalailema, perché Bassolino, perché Bersani, eccetera eccetera. Il Pd è la polizza sulla vita (eterna) di Berlusconi. Silvio è Federer e il Pd sono la pletora di vassalli che si accontentano di perdere in finale (quando va bene) 7-5 al quinto. Fossi uno del centrodestra, vorrei sempre gareggiare contro Loiero (su cui Lombroso avrebbe scritto più di un trattato) e Penati. Per poco non perdevano pure la Liguria.

Il Pd non dice solo no (troppo facile essere disfattisti). Più che altro, non dice mai no. Si dirà: eh, ma loro pensano a governare. Vero: infatti l’exploit di De Luca in Campania è la dimostrazione del loro genio.

La tivù è stata decisiva. Vero e non vero. Nell’ultima settimana Berlusconi è stato ovunque, facendo passare il messaggio della “sinistra che sa solo odiare” e attivando quelli che intendevano astenersi. Tale meticolosa campagna mediatica è stata effettivamente decisiva. Dall’altra parte c’è però il fenomeno Grillo. Il suo Movimento non è mai andato in tivù, stava sugli zebedei a tutti e subiva lo zimbellamento preventivo di grandi e piccini. Ebbene, al Nord è andato sempre oltre il 3 percento e in Emilia Romagna ha superato il sette (il sette!). E’ il vero dato nuovo: una moltitudine di giovani, attiva e informata, non crede più nei vecchi sistemi di comunicazione, ha bypassato la censura e dimostrato quanto il centrosinistra sia vecchio, superato e totalmente avulso dalla realtà. Per molti è un rischio democratico. Per me è solo un virus insinuato in un sistema marcio e schifoso.

Sì, ma tu sei amico di Luttazzi e Grillo. Vero. Ma sono anche amico di Costanzo e non  per questo parlo bene del Cangurotto.

La fotografia dell’Italia. L’ha data Mario Monicelli, semper  fidelis, giovedì scorso a Raiperunanotte. Riascoltatelo: è la carta d’identità di un paese che nessuno potrà mai salvare da se stesso. Ah: Monicelli e Gillo Dorfles, che ha parlato subito dopo, insieme fanno quasi duecento anni. E hanno ancora tanto da insegnarci.

Il caso Luttazzi. Emblematico anche quello. Uno dei massimi momenti televisivi degli ultimi dieci anni. Quindici minuti di monologo, semplicemente, perfetto. Qualsiasi politico e politologo, con un minimo di intelligenza e libertà di pensiero, avrebbe capito – dagli applausi scroscianti – che era quella l’aria che tirava nell’opposizione. Che c’era bisogno di qualcuno che cavalcasse la protesta, l’indignazione, il dolore per sedici anni di berlusconismo che stanno minando dalle fondamenta il paese (consegnandolo alla famosa e inedita “guerra civile fredda”). Qual è stata invece la reazione dell’intellighenzia, del micheleserrismo e dell’eugenioscalfarismo? La scomunica, l’ennesima. Da una parte si è accentuata la portata volgare della metafora dell’inculata (dimenticandosi che “buco del culo” lo diceva anche De André) e dall’altra si è deliberatamente frainteso (come sempre si è fatto pure con Grillo, vedi i due V-Day) il significato del monologo. Ripensate all’intervento di Luttazzi: qual è stato il momento che più ha ricevuto applausi? Quello della seconda fase anale, laddove (?) Luttazzi stigmatizzava l’assenza di opposizione. Una dura critica al Pd, accolta con il boato del Paladozza (e di chi guardava il programma). Tale messaggio “eversivo” non poteva passare. Ecco quindi, puntuale, la mitraglia degli opinionisti veltronisti e bersanisti. Lidia Ravera ha straparlato di femminismo, Francesco Piccolo (che sarebbe anche bravo) ha accomunato Luttazzi a Berlusconi (certo, e io sono Galeazzo Ciano). C’è stato perfino chi ha parlato di “elogio dello stupro” (??) e “inneggiamento all’odio” (???). Sì, buonanotte. Badate bene: non sono piccoli segnali. La volgarità luttazziana è un pretesto così scontato che ci sono arrivati perfino Facci e Gasparri. E’ un altro il dato saliente: la puntuale mitraglia, in difesa del fortino piddino, della sempiterna intellighenzia salottiera, che continua a volerci spiegare cosa pensiamo dall’alto di una miopia connivente e interessata. Con questi leader non vinceremo mai. Ma neanche con questi “intellettuali”.

Però Luttazzi è volgare. Luttazzi è volgare per chi ha così tanto guardato Zelig e Dandini da arrivare a credere che la satira sia quella di Checco Zalone e Neri Marcorè. Ecco: Neri Marcorè è il comico perfetto per il Pd. Così bravo che, quando lo guardi, te lo dimentichi subito.

Zaia RuleZ.  Credevo che Carlotto fosse esagerato nei suoi libri. In realtà era solo realista. Zaia fa politica come una volta: stando sul territorio, coi banchetti, mostrandosi vicino e promettendo l’impossibile. Non esiste ristoratore, imprenditore, operaio (?) veneto che non lo incensi. Il voto di protesta è cosa della Lega (elettorato più vecchio), Di Pietro e Grillo (elettorato più giovane e internauta). Se a Bersani, il Dalailema, Ferrero e Mussi parrà cosa elettrizzante che la sinistra “vera” abbia del tutto smarrito il gusto di essere incazzati (cit), lasciandolo ad altri che di sinistra non sono (e rendendo orfani milioni di elettori), ne prendiamo atto. Certificando una volta di più la loro devastante inappropriatezza.

Renzo Bossi RuleZ. La sua vittoria è la chiara dimostrazione che il suffragio universale ha troppi bug.

Minzolini RuleZ. Ieri era ospite di se stesso da Giorgino. L’Istituto Luce a colori. Vamos.

Concludendo. Berlusconi vive e lotta in mezzo a loro. La Russa glorifica, Formigoni divelge, Bondi tiranneggia. La Lega domina. Fini non fa breccia a Porta Pia. Casini è decisivo solo nei suoi sogni. La sinistra alternativa è ben rappresentata da Sansonetti. Di Pietro tiene, Grillo stupisce, il Piddì perisce: a stazioni, al rallentatore, con sublime quanto ingiustificata arroganza. Era meglio morire da piccoli. O anche solo senza aver davanti queste brutte facce.

http://scanzi-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/

Adunate e manifestazioni

Lo so, non è bello trattare così gli amici, ma oggi ho avuto una giornata difficile, ho mal di testa e la tosse e quindi vi sbatto sui dentini queste due belle immagini che ci raccontano della grande manifestazione epocale di sabato scorso.

brunetta-300x200.jpg.html.jpegpiazza_pdl_croceceltica-300x117.jpg.html.jpegSono immagini forti, che sconsiglio a un pubblico debole di stomaco e di vescica, ma dobbiamo bere l’amaro calice e arrenderci davanti all’amore che trasuda da queste icone. In fondo cosa c’è di più amorevole di una croce celtica? Non vi sentite rassicurati? Non come una runa o un discorso di Goebbels, però…

E che dire di Gridolo? Eccolo urlare al mondo la sua gioia di vivere, del resto chi terrebbe uno così al governo e dentro l’Università in un paese “normale”? Vedete l’importanza di nascere al momento giusto nel posto giusto?

Comunque siamo tranquilli. Amor omnia vincit. Se poi qualcuno si ricorda del Ministero dell’Amore di Orwell, il gioco è fatto.

Per completezza pubblico altre due foto. Queste storiche:

14 DICEMBRE 1944 LIRICO.jpg.jpegQuesta è del 14 dicembre 1944. Teatro Lirico, Milano, l’ultima adunata di Mussolini.

Mussolini_e_Petacci_a_Piazzale_Loreto,_1945.jpg.jpegQuesta è del 29 aprile 1945. Ancora Milano. Piazzale Loreto. C’era lo stesso molta gente. Erano passati solo quattro mesi e mezzo…

Ancora il Partito dell’odio!

Il Partito dell’odio colpisce ancora! Non si accontenta di statuine del Duomo e di psicolabili, ora si muove anche all’estero e allunga i suoi tentacoli ovunque possa portare il suo messaggio di morte. Colpire ovunque l’apostolo dell’amore! Colpire il suo progetto di tenerezza, affetto e a-m-o-r-e!

Travaglio a Iran.jpgGrazie alla collaborazione della Premiata Agenzia Corona pubblichiamo un’istantanea appena giunta da Teheran che testimonia la presenza dell’agente dell’odio Travaglio nell’attacco all’ambasciata italiana! E’ un immagine che additiamo alla esecrazione del popollo della Libertà (loro). E’ una prova che inchioda alle sue responsabilità di traditore della Patria, il cosiddetto giornalaio, prezzolato dalle centrali comuniste e staliniste.

Modesta proposta

Modesta proposta per un futuro premio (ig)Nobel per la Pace: in Iran i Guardiani della Rivoluzione hanno assaltato la nostra ambasciata per protestare contro le parole del vecchio satiro ricucito pronunciate in Israele.

Se tutti i problemi del mondo avessero soluzioni così semplici! Il Vecchio satiro prende l’aereo e va a Teheran, appena sceso dichiara che è ora di farla finita con quei giudei avari, trafficoni e con il nasone come Gad Lerner. Va dal matto Ahamadinejad e gli racconta la barzelletta sugli ebrei e la bolletta del gas. Fatto, semplice, efficace. Ci vuole tanto?

Ma che freddo fa….

“Ma che freddo fa…” cantava l’indimenticata Nada, con quelle minigonne che turbavano i nostri sogni adolescenziali. Chissà cosa turba oggi i sogni dei nostri adolescenti, forse un azzurro avatar o, peggio un azzurro e basta, sempre meglio che i mostri e mostrilli che popolano le loro sale cinematografiche. Per crederci vedere il trailer di “Paranormal Activity” (http://www.mymovies.it/film/2007/paranormalactivity/). Boh…meglio Nada.

Comunque il freddo, si sa, schiarisce le idee e ogni giorno capiamo nuove cose che danno senso al nostro temporaneo transito in questo mondo (notizie puffe dal Corriere di oggi):

  • Il supposto ministro Zaia ci delizia con la seguente esternazione: “La sinistra e i suoi megafoni continuano ad abbaiare alla luna, sempre più lontani dai reali problemi e chiusi nella loro sterile ortodossia mentale, che danneggia ogni tipo di sviluppo e ostacola una visione chiara della realtà. Con rammarico, vogliamo dare una brutta notizia a questa sinistra: Stalin è morto.…” Capperi! Poffarre! Acciderbolina! Cos’è accaduto? Nuovi archivi segreti del Kgb rivelati? D’Alema colpito da enterocolite ventosa? Calderoli ha pronunciato una frase di senso compiuto? No, nulla di tutto questo. Il supposto Zaia così continua la sua icastica affermazione: “Stalin è morto. E siamo certi che non si è mai seduto in un McDonald’s, cosa che invece fanno migliaia di ragazzi europei tutti i giorni». Di che sta parlando? Di panini. Yes, panini, in un corrusco scambio di invettive con il quotidiano bolscevico The Guardian (tutti sappiamo che il vero nome del foglio albionico è The (red)Guardian), circa il panino McItaly messo in vendita nella catena ben note. di nefast food. Un panino contenente crema di carciofi, asiago e lattuga. Roba da Amnesty International. Per il supposto zaia è un trionfo dell’italianità, per il Red Guardian: “…E’ sbagliata la risposta di Zaia perché con il suo attacco alla gente di sinistra, agli ex compagni e ai vecchi stalinisti non affronta il vero problema: il fallimento del governo nel proteggere il patrimonio unico del prodotto artigianale italiano…È un’immagine deprimente del divario che esiste tra la vita politica italiana e quella dei cittadini del Belpaese». Chi avrà ragione? Crema di carciofi, asiago e lattuga. Manco la polenta taragna? Buzzecca niente? Mah, che tempi…
  • È bufera su Morgan. Una dichiarazione del cantautore ha scatenato mille polemiche e messo in dubbio la sua partecipazione al Festival di Sanremo. Ma cosa ha detto il protagonista di X-Factor? Il canuto cantautore ha scandalizzato tutti con le sue dichiarazioni sull’uso di stupefacenti: «Io non uso la cocaina per lo sballo, a me lo sballo non interessa. Lo uso come antidepressivo. Gli psichiatri mi hanno sempre prescritto medicine potenti, che mi facevano star male. Avercene invece di antidepressivi come la cocaina. Fa bene. E Freud la prescriveva. Io la fumo in basi (modalità di assunzione nota come crack, ndr) perché non ho voglia di tirare su l’intonaco dalle narici. Me ne faccio di meno, ma almeno è pura». Ohhh, finalmente! Adesso capiamo il perchè delle sue acconciature stile Crudelia demon dopo la centrifuga! Ma la domanda è: se Morgan per dire le boiate che dice fuma crack, Brunetta cosa fuma? Tantalio? Nitrometano? La sua forfora?
  • Il titolo è inequivocabile. «Noi amiamo Silvio» è un libro fotografico dedicato a Silvio Berlusconi in cui sono state raccolte le immagini che – si legge nella prefazione firmata dall’editore Alberto Peruzzo – testimoniano il suo impegno a livello nazionale e internazionale. Una sorta di album dei ricordi, dunque, che racconta per scatti la storia politica del premier, ritratto tra i suoi sostenitori e accanto ai più grandi leader mondiali e che dal 27 gennaio scorso è in vendita nelle edicole. Qualcuno però, sfogliandolo, ha notato alcune stranezze. Facce clonate con il copia-incolla (così si riempie Piazza del Duomo a Milano), fiori disegnati in mano al vecchio satiro, luce angelica sul viso in teflon del medesimo. Senza dire che la sua foto è del 1998 e non del 2008. Embè? Se c’è gente (ed è tanta…) che crede nella padania e nel programma “gnocca e soldi per tutti”, cosa volete che sia dare due colpi con photoshop? Stalin nelle foto cancellava i generali fucilati, il nostro aggiunge gente. Non è un uomo adorabile? (Se volete vedere il giochino: http://www.corriere.it//Speciali/bigVision/berlusconi/berlusconi.shtml).
  • MILANO – Il vetro liquido. Più che scienza, sembra fantascienza l’idea di uno spray che, spruzzato su qualunque superficie, la protegga da sporco, usura del tempo e persino dai graffiti e che, stando agli studi di laboratorio, sarebbe pure in grado di tenere fresco il vino. Eppure è questo che promette la rivoluzionaria invenzione turca acquistata dalla tedesca Nanopool, azienda che lavora nel campo delle nanotecnologie, e che altro non è – in realtà – che vetro liquido, ovvero diossido di silicio, mescolato ad acqua o alcol a seconda dell’uso che se ne vuole fare. Meraviglioso! Possiamo svelarvi chi è il proprietario della Nanopool. Facile, no? Ora finalmente il vecchio satiro ammaccato potrà durare nei secoli. Basta silicone, attack, capelli aerografati ogni mattino, iniezioni di botox a mitraglia. Un bagno completo, una full immersion e sarà eterno, lucido e splendente. Come nuovo (si fa per dire). Unica avvertenza ai curatori della salma: ricordatevi di praticare alcuni buchetti qua e là, per gli usi fisiologici, tanto per assicurare ossigeno e scarichi necessari. Ah, avercelo avuto ai tempi del vecchio Lenin! La storia sarebbe stata diversa!

“Papi” a colazione da Ruini. Don Farinella: “Basta complicità con i corrotti”

Lettera aperta di don Paolo Farinella al cardinale Camillo Ruini, ex presidente della Cei, che il 26 gennaio ha invitato Silvio Berlusconi a una colazione di lavoro.

di Paolo Farinella, prete

Sig. Cardinale,

Nel 1991 da una sperduta parrocchia dell’entroterra ligure, le scrissi sullo scandalo che provocò nei miei ragazzi la notizia del «cardinal-party» con un migliaio di invitati del «mondo» che conta, dato da lei in occasione della sua nomina a cardinale. Lei mi risposte che fu un dono di amici e io le risposi che certi doni dovrebbero essere respinti al mittente perché insulto ai poveri e al Cristo che li rappresenta. Le cronache del tempo fotografarono che «la capitale della politica, della finanza, delle banche, delle aziende di Stato è accorsa compatta in ampie schiere. Mai tanta mondanità e tanto ossequio attorno a un cardinale, reduce da due giorni di festeggiamenti ininterrotti» (Laura Laurenzi, la Repubblica, 30 giugno 1991, p. 25).

A distanza di diciannove anni, mai avrei pensato di riscriverle, anche perché sapevo che lei era andato in pensione e quindi si fosse defilato come si conviene alle persone sagge di buon senso. Oggi lei non offre lauti banchetti a 800 persone, ma invita a colazione solo due individui che da soli sono peggio degli 800 barbari. Sono indignato per questo suo invito che i credenti onesti vedono come la negazione del sacramento dell’ordine e la pone sullo stesso piano degli intrallazzatori di professione.

D’altra parte lei per oltre quindici anni ha manovrato papi, parlamenti, governi, accordi elettorali, sanità, scuole e fascisti che, al punto in cui siamo, uno scandalo in più o uno in meno, il peso cambia di poco. A mio modesto parere di prete, il suo operato induce me e molti altri credenti a pensare che lei e noi non crediamo nello stesso Dio e anche che lei usi il suo come strumento di coercizione per fini demoniaci. Lei infatti, ancora una volta, ha contravvenuto al dettato del Codice di Diritto Canonico che stabilisce: «È fatto divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all’esercizio del potere civile» (CJC, can. 285 §3, sottolineatura mia). Il massimo potere in uno Stato democratico si esercita nella formulazione delle liste elettorali tra cui i cittadini liberi e sovrani «dovrebbero» scegliere i loro governanti, locali e nazionali: qui sta in sommo grado la «partecipazione all’esercizio del potere civile».
Il giorno 20 gennaio 2010, nella sede del Seminario Romano, dove risiede da cardinale in pensione, lei ha invitato, come ospite a colazione, Silvio Berlusconi, accompagnato dal gentiluomo (sic!?) di Sua Santità, nonché sottosegretario alla presidenza del consiglio italiano. Lei ed io sappiamo che Gianni Letta, moderno Richelieu o se vuole in termini giovanili e quasi liturgici, prosseneta, vulgo mezzano, è il tutore garante presso il Vaticano del suo capo, notoriamente inaffidabile oltre che corrotto e corruttore. Dicono le cronache che avete discusso di accordi elettorali, di convergenze tra Pdl di Berlusconi e Udc di Casini e Api di Rutelli; chi deve essere candidato alle regionali e chi no; chi deve perdere e chi deve vincere nel Lazio; cosa fare e cosa disfare in Puglia.
La candidata Emma Bonino alla presidenza del Lazio non deve passare perché, come in una nuova crociata, «Deus ‘el vult», cioè lo ordina Ruini a cui Dio di solito dice ad ogni tornata elettorale cosa vuole e non vuole. Le cronache celiano che Berlusconi abbia tenuto il boccino perché ormai ha il coltello dalla parte del manico. Lo dimostra il fatto che il suo illustre e integerrimo ospite abbia preteso dal suo partito una «quota rosa» a sua totale discrezione per fare eleggere le «pulzelle» compiacenti che non ha potuto varare nelle politiche del 2008, a causa del «ciarpame politico» rovesciato sul tavolo dalla di lui moglie, Veronica Lario che ha sparigliato le candidature. Avete parlato anche di questo? Di quali donnine e prostitute candidare?
Il giorno prima, il 19 gennaio 2010, appena 24 ore prima, il Senato della Repubblica, presieduto dall’autista-picciotto, Renato Schifani, in quota servitù perpetua, ha varato il cosiddetto «processo breve», cioè la 19a legge su misura per i bisogni primari del Silvio Berlusconi e pazienza se si sfascia l’intero sistema della giustizia italiana! Pazienza, se milioni di cittadini non avranno mai giustizia e se tutti i delinquenti, i truffatori, gli spacciatori, i ladri, i corrotti, i concussori, i concussi, i deputati e i senatori insieme ai loro famigli la faranno franca sempre e comunque alla faccia di quel «bene comune» con cui lei da presidente della Cei faceva i gargarismi sei volte al giorno prima e dopo i pasti principali. Lei queste cose le sa, ma è anche «cardinale di mondo» e sa navigare nei meandri del fiume della politica che conta, poco importa se morale o immorale: in fondo il fine ha sempre assolto i mezzi perché noi cattolici non siamo forse per la confessione periodica e cioè per «una botta e via da capo»?


«Processo breve, legittimo impedimento per sé e famigli», lei lo sa bene, sono eufemismi: trattasi infatti soltanto di «processo impossibile». Un presidente del consiglio scardina lo Stato di Diritto, impone al parlamento di votare leggi individuali e di casta a favore di sé e dei delinquenti che lo attorniano, abolisce di fatto ogni contrappeso al potere esecutivo e di fronte a tanta bulimìa incontenibile, lei lo invita anche a pranzo? Via, cardinale, est modus in rebus! Non pare che durante il pranzo, lei abbia detto una parola sulla condotta scandalosa dell’ospite, ma sappiamo che si è seduto a tavola con un essere spregevole moralmente, eticamente, giuridicamente, democraticamente e con lui contratta seggi e vittorie, costi e benefici, voti e ritorni in privilegi economici e politici. Logicamente in nome dei sacrosanti «principi non negoziabili», of course!

Colui che sedeva a mensa con lei, dal mese di maggio dello scorso anno e fino a novembre 2009 è stato braccato dalla stampa internazionale, rincorso da dieci domande di un giornale italiano e bollato dalla denuncia della moglie per frequentazione di minorenni; uso abituale di prostitute e forse di cocaina (non sappiamo tutto!) in sedi istituzionali (anche le dimore private sono state da lui sottoposte a regime di «segreto di Stato»); spergiuro sulla testa dei figli (del fatto di Casoria, ha dato quattro versioni diverse, dopo avere giurato che la prima era quella buona); promesse di posti in parlamento e al governo a signore e signorine compiacenti in cambio di favori sessuali. Alcune di loro non perdono occasioni per ostentare la loro cattolicità granitica, fondata sui «valori» dell’onestà, della famiglia, del bene comune e dell’indissolubilità del matrimonio.


Negli stessi giorni in cui lo scandalo delle prostitute era al culmine, il suo governo stava varando una legge per punire i clienti delle prostitute: la solerte, cattolicissima ministro Mara Carfagna si è affrettata a ritirare il provvedimento che avrebbe colpito per primo il suo capo e protettore che il suo stesso avvocato ha definito «utilizzatore finale» di carrettate di donne. Soltanto dopo l’indignazione del popolo cattolico arrivata al «calor bianco», finalmente la Cei cominciò a balbettare qualche timiduccio scappellotto, ma tenue e delicato, quasi un buffetto. Il 7 luglio 2009, quando ormai il mondo cattolico era sul filo delle barricate contro la latitanza della gerarchia cattolica, il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata, durante una Messa, alludendo al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, oggi suo ospite, senza mai chiamarlo per nome, sbotta:
«Assistiamo ad un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria salvo poi, alla prima occasione, servirsi del richiamo alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo politico, economico o di altro genere. Nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio» (Omelia per la Messa di Santa Maria Goretti, 15-08.09, Le Ferriere – Latina).

Lei, sig. cardinale Camillo Ruini, ha passato tutto questo tempo sotto silenzio assoluto, dedicandosi al «progetto culturale della Cei e alle massime questioni di alta filosofia e teologia: «L’esistenza di Dio», la sua necessità e via dicendo. Sul resto che travagliava la Chiesa, i credenti, la gerarchia e copriva con un manto di sudiciume l’Italia intera, silenzio tombale.
Nello stesso periodo, il 1 luglio 2009, il governo varò il «decreto sicurezza» che stravolge il diritto internazionale, l’etica cristiana, la dottrina sociale della chiesa e tutti gli insegnamenti pontifici in fatto di migrazione perché definisce reato «lo stato di persona clandestina». Mons. Agostino Marchetto del pontificio consiglio per l’immigrazione dichiara: «La criminalizzazione dei migranti è per me il peccato originale dietro al quale va tutto il resto», riferendosi alle aberranti politiche sociali del governo. A stretto giro di posta arrivò la smentita della Sala Stampa vaticana: Mons, Marchetto parla a titolo personale. Il Vaticano smentisce se stesso. Anche in questa occasione, lei ancora una volta stette zitto e latitante e non difese nemmeno il suo pupillo che preferì sacrificare sull’altare dell’immoralità governativa pur di mantenere un rapporto privilegiato di potere e d’interesse.


Ricevendo Berlusconi e per giunta come ospite in intimità conviviale a casa sua, senza dire una parola su ciò che è avvenuto in questo anno (per non parlare degli ultimi 15 anni), lei ha avallato lo scardinamento costituzionale, istituzionale e lo sfacelo etico di cui l’ospite è stato e continua ad essere protagonista responsabile. Quel giorno Berlusconi era reduce fresco fresco da un attacco micidiale alla Magistratura con parole omicide: «Il tribunale è un plotone di esecuzione». Lei ha così avallato e approvato il suo comportamento immorale e indecoroso, benedicendo l’inverecondia e assolvendo l’insolvibile, diventandone complice «in solido», perché come insegna il diritto, che la saggezza popolare traduce pittorescamente, «è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco».
Se lei poi con questi figuri tratta posti di governo o gestione della sanità o della scuola o condizioni per fare eleggere questo/a o quella/o in cambio di voti e/o di altro, lei inevitabilmente diventa compare di uno che frequenta la mafia e ha fatto della malavita la norma della sua condotta. Berlusconi non si sentiva perseguitato e non denunciava accanimento giudiziario quando rubava e trasportava denaro degli Italiani all’estero, dichiarava il falso in bilancio, corrompeva i giudici, comprava i testimoni dei processi, sparava alla testa dei giornalisti non a libro paga, imponeva al suo «Il Giornale» agli ordini del falsificatore Feltri di uccidere il direttore di «Avvenire», Dino Boffo. Lei non chiese le dimissioni di Feltri e di Berlusconi per avere inventato «in solido» una trappola di fango per mettere in riga i vescovi della Cei con un avvertimento di stampo mafioso: io vi tengo in pugno. E’ di questi giorni la sentenza in appello, confermata e aggravata, a Totò Cuffaro, cattolico integerrimo per reato di mafia. Costui e il Pierferdi Casini che lei tanto sponsorizza, per cinque anni hanno votato tutte le leggi immorali a servizio esclusivo di Berlusconi, appoggiandolo in ogni nefandezza: tutto con la sua benedizione e il silenzio della gerarchia cattolica. Sempre e comunque in nome del santo bene comune. Ah! «i valori non negoziabili».


Ora arrivano le elezioni regionali. Nel Lazio, regione del papa, cortile del Vaticano e prolungamento del Laterano, si candida alla presidenza della regione Emma Bonino, radicale e anticlericale. La paura fa novanta, signor cardinale, e lei da «vero animale politico» ha fiutato che la «Emmaccia» potrebbe farcela agevolmente e se arriva, potrebbe mettere ordine nella sanità e nella scuola laziale, due feudi della malavita «cattolica» laziale. Horribili dictu! Pur di contrastare, con ogni mezzo la sua candidatura, lecita e rispettabile in una democrazia compiuta, lei preferisce la deriva morale, lo sconquasso della Costituzione, la distruzione della Democrazia, l’annientamento dello Stato, alleandosi con un potente degenere che ha portato la corruzione e il malaffare al rango della politica e della presidenza del consiglio. Personalmente sono convinto che, in queste condizioni, lei non possa celebrare l’Eucaristia con tranquilla coscienza perché come prete non ha ricevuto il mandato di eleggere e fare eleggere presidenti e parlamentari, magari mafiosi, ladri e corrotti. Lei può solo andare per le strade del mondo e annunciare il vangelo della liberazione: ai prigionieri, ai poveri, agli immigrati torturati e uccisi dal presidente del consiglio che lei riceve a pranzo, diventando complice di assassinio collettivo, cioè di genocidio.
La congregazione del clero insieme ad altri quaranta preti, mi ha messo sotto inchiesta per avere scritto che la «vita umana deve essere umana», ma su di lei e sugli altri vescovi e sul Vaticano che appoggiate la forza omicida del governo Berlusconi, nessuna inchiesta per oltraggio palese alla vita di adulti, donne e bambini. Il suo invito a colui che si paragona a Dio e al Messia, che si vanta di essere il «miglior presidente del consiglio degli ultimi 150 anni», è la fine dei saldi della morale, dell’etica, del dottrina sociale, della dignità, del concetto di peccato e grazia: il saldo della religione che lei vende, anzi svende senza neppure esserne il proprietario.


Lei non ha autorità per intervenire in questioni che il Codice vieta ai preti come le alleanze partitiche, le elezioni, le candidature perché è una manomissione della democrazia del Paese Italia, vincolante anche in forza di un concordato che pone paletti alle interferenze e offre garanzie e lauti sussidi. Su queste materie poi lei né la Cei, né tantomeno il Vaticano, Stato estero, potete parlare in nome del mondo cattolico. Lei sa bene che sono questi comportamenti che allontano ancora di più i non credenti, mentre i credenti si avvicinano a passo svelto all’uscio d’uscita della Chiesa. Ho detto al cardinale Bagnasco che deve tenere un occhio al metro di misura che è l’8xmille, in caduta libera, segno della disaffezione sempre maggiore della gente da una gerarchia che si è trasformata da segno di contraddizione in lobby di pressione e di potere, patteggiando con personaggi immondi e immorali.
Il papa invita i preti ad accedere alla rete web. Beh, sappia che uso il computer dal 1982 e la rete dal suo sorgere: se avessi aspettato il consiglio del papa, alla mia et, sarei ancora al lapis e al pennino. Provi ad accedere alla rete, unico strumento di democrazia diretta ancora in vita, e si accorgerà, anzi sentirà l’odore corposo del disprezzo che circonda tutto ciò che sa di «ecclesiastico». Il nostro popolo è saturo di vedere l’autorità ecclesiale che dovrebbe servire il bene e combattere il male, fare comunella con i corrotti e i corruttori, con i delinquenti abituali travestiti da finti religiosi e sempre di più si allarga il fossato tra voi e noi: voi state andando per la vostra strada che vi porta a «mammona iniquitatis» noi, da soli cerchiamo con fatica la strada che ci porti agli uomini e alle donne del nostro tempo e insieme tendere: chi crede all’ incontro con il Dio di Gesù Cristo, chi non crede all’incontro con la propria coscienza e il rispetto degli altri.

Sig. Cardinale, credo che lei ed io non abbiamo molto da spartire, se non l’appartenenza formale alla stessa Chiesa in quanto «struttura», di cui però abbiamo due visioni non solo diverse, ma opposte: lei appartiene al sistema del potere clericale che io combatto con tutte le mie forze, mentre io mi sforzo di appartenere alla «Chiesa dei poveri» con la coscienza di essere una minoranza che sa di avere un solo mandato: il ministero e il magistero della propria testimonianza di vita che nessuno potrà mai rapirmi perché è il segno della Shekinàh/Dimora di Dio tra di noi.
In conclusione, alla luce di quanto sopra descritto e per le ragioni addotte, io, Paolo prete, ripudio anche lei e quello che rappresenta, come il 7 luglio ripudiai con lettera il suo ospite e commensale. Preferisco essere orfano di mercenari piuttosto che avere padrini. «Non ne abbiamo bisogno». Sappia però che con il suo agire e le sue scelte, lei ha autorizzato me e chiunque altro ad operare e agire in maniera esattamente opposta alla sua e mi creda lo farò con onore e con orgoglio, dall’interno della Chiesa di cui sono onorevolmente figlio fedele.

Profondamente inorridito,
Paolo Farinella, prete

http://temi.repubblica.it/micromega-online/papi-a-colazione-da-ruini-don-farinella-basta-complicita-con-i-corrotti/

Felici di odiare (3)

di Alessandro Dal Lago, da MicroMega 6/2009

3. Il primo anno e mezzo del terzo governo Berlusconi ha fatto emergere una progressiva deriva fascistoide. Naturalmente, questa tendenza non è apparentemente in contraddizione con la forma democratica di un paese inserito in Europa e nel sistema delle alleanze occidentali. Si tratta piuttosto di una dittatura soft dell’esecutivo e del suo beatus possidens, dell’emarginazione progressiva del parlamento, del ridimensionamento della magistratura e della costruzione di un legame diretto e a senso unico con la pubblica opinione grazie al controllo assoluto della televisione e al crescente condizionamento della stampa quotidiana. Un processo che, con tutte le differenze che si possono stabilire, ricorda l’ascesa al potere di Napoleone «il piccolo».
Ma ci si sbaglierebbe pensando che questo cesarismo sia l’esclusivo effetto della manipolazione mediale (come risulta anche dal recente film Videocracy). In realtà, lo strapotere di Berlusconi si fonda anche su un legame sociale parzialmente nuovo (in quanto emerso soprattutto negli anni Novanta) con il pubblico, quello relativo al bisogno indotto di sicurezza personale o, se vogliamo, di incolumità (13). Se l’odio contro i migranti (la famosa «cattiveria» di Maroni) riafferma la relazione esclusiva di una popolazione con il territorio, la questione della sicurezza è funzionale alla costituzione (o alla protezione) immaginaria dell’identità individuale. Odiare gli stranieri significa affermare un’identità collettiva, un «noi». Odiare chi ci rende insicuri vuol dire produrre un’identità personale, disporre di un «io». È naturale che attribuire agli stranieri la responsabilità dell’insicurezza comporta una fusione dell’identità collettiva immaginaria con quella individuale.
La citazione di Hobbes riportata in epigrafe chiarisce come il tema della paura, centrale nella teoria della sovranità nel Leviatano, sgorgasse da un’esperienza diretta della madre del filosofo. Infatti, il parto prematuro sarebbe stato causato nel 1588 dal terrore degli inglesi nell’imminenza dell’attacco dell’Invencible armada spagnola. Ed ecco il passo dell’autobiografia di Hobbes da cui ho tratto l’esergo:

When that Armada did invade our Isle,
Called the invincible, whose freight was then
Nothing but murd’ring steel, and murd’ring men,
Most of which navy was disperst, or lost,
And had the fate to perish on our coast.
April the Fifth (though now with age outworn)
I’th’early spring, I, a poor worm, was born. […]
For fame had rumour’d that a fleet at sea
Would cause our nation’s catastrophe
And hereupon it was my mother dear
Did bring forth twins at once, both me and fear.
For this my countries foes I e’r did hate
With calm peace and my muse associate (14).

La paura è fondamento dell’odio per i nemici della patria e quindi della delega del potere al sovrano che difende la nazione. Ma il tema della sicurezza individuale o dell’incolumità personale costituisce, rispetto a questo luogo fondamentale della teoria politica moderna, una variante che ha acquistato senso e centralità soprattutto dopo la fine del bipolarismo (15). Venuto a mancare il nemico per eccellenza, e cioè il regime sovietico (che Berlusconi ha in parte sostituito con un comunismo immaginario), sono soprattutto i nemici interni ad alimentare in negativo il bisogno di sicurezza e quindi un’identità individuale idiosincratica. Un bisogno performativo, e quindi impossibile da soddisfare se non nella sua incessante e interminabile ripetizione. La sicurezza richiesta dai cittadini (o da chi parla in loro nome) è evidentemente utopica e quindi illusoria. Nessuno, e tanto meno le truci ronde spontanee o le ridicole pattuglie di alpini mandati a passeggiare nei nostri centri storici, può assicurare l’assoluta protezione dai rischi della vita urbana. Ma nel momento in cui il potere (e Berlusconi sa farlo meglio di chiunque altro) riconosce la legittimità, anzi la priorità, della richiesta incessante di sicurezza, il cittadino – che ovviamente corre gli stessi rischi che ha sempre corso, e cioè quelli abituali di qualsiasi città europea – vede soddisfatto non tanto il suo bisogno di sicurezza, quanto il suo diritto di esigerla.
In questo senso, il diritto alla sicurezza ha sostituito gran parte degli altri diritti: un salario decente e stabile, un’autentica partecipazione politica, le libertà civili. Se il diritto al salario esprime il riconoscimento dei bisogni materiali e della dignità del lavoro, e la partecipazione e le libertà civili rappresentano in qualche misura una cittadinanza paritaria e non soggetta alle istituzioni, il «diritto» alla sicurezza (in larga parte immaginaria) presuppone – esattamente come quello alla protezione dai nemici esterni di cui parla Hobbes – un cittadino che invoca lo Stato e quindi finisce per delegargli ogni potere. La questione delle ronde non deve trarre in inganno. Il cittadino che ha rinunciato ai suoi diritti sociali e civili in nome della sicurezza è un cittadino infantilizzato, incapace di vedere al di là della porta di casa, e di immaginare i rapporti con i suoi simili se non in chiave di minaccia. Oggi si illude di partecipare alla gestione della propria sicurezza, ma in realtà non fa che mimare in modo farsesco la repressione dei nemici interni, reali o immaginari che siano, su cui si basa ogni potere totalitario, formalmente legittimo o no.
Nella costituzione di un nuovo legame di dipendenza sociale, la destra berlusconiana non è stata sola. In realtà, grazie all’azione avanguardistica della Lega, ha portato alle estreme conseguenze un processo politico-culturale a cui ha partecipato gioiosamente anche il centro-sinistra, almeno negli anni Novanta, quando era per lo più al governo. Rileggendo le cronache di quegli anni si scopre facilmente come a iniziare il discorso del diritto alla sicurezza, della sicurezza «partecipata», della lotta contro il «degrado» urbano, alle iniziative dal basso contro la microcriminalità (soprattutto degli stranieri) eccetera siano ambienti Ds o Pds. Probabilmente, uomini come Amato, Violante, Chiamparino, Fassino, Veltroni, Livia Turco o Giorgio Napolitano, per citare solo quelli più noti, si illudevano che in questo modo avrebbero strappato alla destra un formidabile argomento politico (16).

E invece non facevano che legittimare una relazione profondamente impolitica tra cittadini e Stato. E questo avveniva proprio nella fase in cui altri diritti, soprattutto quelli sociali, venivano messi in discussione. Con ciò il centro-sinistra si avviava a perdere non solo una precisa identità politica, ma soprattutto una base sociale. Un cittadino impaurito, timoroso del futuro ma senza possibilità di vedere rappresentati i propri bisogni, non può che alla fine votare la destra, se non altro perché questa si mostra evidentemente più decisionista nella repressione dei nemici interni.
Non sappiamo se l’individuo Berlusconi sopravviverà politicamente alla sua attuale delegittimazione internazionale e (parzialmente) interna. Ma il legame sociale basato sulla sicurezza (che oggi, insieme al controllo dei media, è un fondamento del potere berlusconiano) è difficilmente modificabile senza un profondo ripensamento della sua natura impolitica. Opporre alla sicurezza repressiva e xenofoba della destra la «sicurezza» partecipata, come si sostiene in alcune penose riflessioni del centro-sinistra, non ha altro significato che la subalternità al modello sociale su cui il Cavaliere ha costruito quindici anni di trionfi. È vero che non si tratta di un’eccezione e che la subalternità, strategica, psicologica e culturale, è la principale chiave di lettura delle sconfitte dell’Ulivo. E tuttavia, il terreno della sicurezza appare quello più delicato e in prospettiva decisivo per l’esistenza stessa della sinistra.
Stabilire una buona volta un confine tra realtà e psicosi collettive in materia di microcriminalità, degrado eccetera, rinunciare a un’idea di legalità basata sul divieto ossessivo di comportamenti socialmente irrilevanti, rivedere alla radice il problema delle migrazioni e dei diritti dei migranti, e soprattutto smetterla con una concezione infantilizzata della cittadinanza sarebbero i primi passi per rinunciare alla subalternità nei confronti della destra per ora trionfante. Ma c’è da dubitare fortemente che l’attuale ceto dirigente del centro-sinistra, privo com’è di cultura politica e perso nelle sue irrilevanti diatribe, ne sia capace.

Note

(1) «E fu così che la mia cara mamma/ partorì d’un colpo due gemelli, me e la paura», ora in Th. Hobbes, Leviathan, with selected variants from the latin edition of 1668, a cura di Edwin M. Curley, Hackett, Indianapolis 1994.
(2) Si veda per un’analisi della cultura di cui Berlusconi è avanguardia ed espressione, P. Pellizzetti, Fenomenologia di Berlusconi, Manifestolibri, Roma 2009.
(3) Forse, poujadismo sarebbe più appropriato, per definire in parte la cultura leghista. Ma con «fascistoide» si può intendere un fondo costante della cultura italiana che, per quanto affine ad altre tendenze di destra in Europa, risale appunto al nostro fascismo.
(4) Tale cultura non è affatto in contraddizione con l’imprenditorialità, la capacità di fare affari a distanza eccetera. Questo è il mondo dei piccoli imprenditori che magari esportano (o esportavano) in tutto il mondo, ma poi votano Lega perché è il partito che assicura vantaggi nel «territorio». Quando una certa sociologia dilettantesca, negli anni Novanta, si è esaltata per il modello del «Nord-Est» non ha compreso che attivismo microindustriale e reazione politica erano del tutto compatibili.
(5) «Io, per effetto di vero amore e di stima/ lavoro e penso dapprima/ ai miei compatrioti e alla mia terra/ e poi, se mi avanza, ai forestieri», G. Rota, citato in B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, Bolis, Bergamo 1959.

(6) Da ultimo, cfr. M. Marzano, «I muri che alimentano la nostra paura», la Repubblica, 31-8-2009.

(7) Ciò vale in misura minore anche per l’ostilità nei confronti dei meridionali, che è diffusa nel Nord più di quanto si creda e che la Lega alimenta periodicamente proprio per riaffermare la sua natura territoriale. Naturalmente, finché la Lega resta un partito del governo nazionale, questa ostilità non può superare certi livelli.
(8) Cfr. J. Bale, Sport, Space and the City, Routledge, London 1993. Da parte mia ho analizzato questi processi in A. Dal Lago, Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio, il Mulino, Bologna 2001, 2a ediz. Naturalmente, non è necessario che il territorio esista realmente. Deve essere soprattutto un luogo dell’immaginazione. Ecco allora volta per volta il «Nord», la «Padania», il dialetto «lombardo» eccetera, luoghi geografici e culturali quindi aleatori e fungibili, a seconda delle convenienze.
(9) Per un’analisi della funzione critica che le migrazioni rivestono nei confronti delle società di immigrazione cfr. A. Sayad, L’immigrazione o i paradossi dell’alterità, Ombre Corte, Verona 2008.
(10) Cfr., per esempio, G. Cadalanu, «Migranti, Amnesty accusa l’Italia», la Repubblica, 28-5-2009.
(11) Cfr. il mio Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano 1999 (ediz. aumentata 2004), in cui si analizzano in questo senso il decreto Dini del 1995, la legge Napoletano-Turco del 1998 e la successiva Bossi-Fini..
(12) Il 27 agosto 2009 le principali agenzie di stampa hanno diffuso l’allarme del governo italiano sulle carceri (Alfano: «Carceri sovraffollate da stranieri, serve l’intervento dell’Europa». Bossi: «Sono piene zeppe di immigrati»). A prima, vista si potrebbe pensare una volta di più a uscite goliardiche. Dopo aver varato leggi xenofobe che hanno l’effetto di riempire le carceri, il governo si appella all’Europa o denuncia gli effetti della propria attività. Ma si tratta piuttosto di quello stile fascistoide, tutto giocato sulle boutade a sensazione, di cui parlavo sopra.
(13) Per una discussione di questo punto Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano 2000, con una mia postfazione.
(14) «Quando la nostra isola fu invasa dall’armata, chiamata l’invincibile,/ e si sparse il terrore dell’acciaio e degli uomini uccisori,/ gran parte di quella flotta fu dispersa o distrutta/ e il destino la fece perire sulle nostre coste./ il 5 aprile [1588] all’inizio della primavera/ io nacqui, vermiciattolo ora consumato dall’età. […]/ Si era sparsa la notizia che una flotta al largo/ avrebbe causato la catastrofe della nazione./ E fu così che la mia cara mamma/ partorì d’un colpo due gemelli, me e la paura./ Per questo ho sempre odiato i nemici del mio paese/ con tranquilla serenità e sorretto dalla mia musa», Th. Hobbes, Vita carmine expressa, vv. 1-8 e 25-30.
(15) Cfr. C. Robin, Paura. La politica del dominio, Egea, Milano 2005.
(16) Questa è in fondo il motivo per cui le scienze sociali in Italia non hanno criticato queste derive, e hanno invece partecipato alla stigmatizzazione degli stranieri in nome della protezione dei cittadini (penso a un sociologo notissimo come Marzio Barbagli). Cfr. il mio «Ma quando mai è stata di sinistra? Alcune considerazioni sulla sociologia “embedded” in Italia», Etnografia e ricerca qualitativa, 3, 2009.

Felici di odiare (1)

La Lega è naturalmente e felicemente xenofoba. Essa ha scoperto cioè da una ventina d’anni quanto il suo ‘popolo’ sia felice nell’odiare qualcuno, come se fosse una curva di tifosi perennemente in guerra contro un’altra curva. E quindi, paradossalmente, la Lega ha bisogno dell’immigrazione e dell’insicurezza”.

di Alessandro Dal Lago, da MicroMega 6/2009

And hereupon it was my mother dear
Did bring forth twins at once, both me and fear.
Thomas Hobbes, Vita carmine expressa, vv. 27-28 (1).

1. […] Il berlusconismo è soprattutto un blocco sociale e culturale relativamente maggioritario, grosso modo lo stesso che a suo tempo sosteneva il Caf. Nel 1993-1994, il talento di Berlusconi si è manifestato nell’aver compreso che, dopo la fine di Craxi e del Caf, questo blocco era privo di un leader. Ecco allora la discesa in campo, l’invenzione di Forza Italia, del Popolo delle libertà e poi del Partito della libertà. È vero che senza le televisioni l’impresa di Berlusconi sarebbe stata impossibile. Ma lo stile è sempre stato quello del maestro Craxi (non a caso grande alleato e sponsor del Cavaliere) e dei congressi pacchiani allestiti dall’architetto Panseca. Che il Pdl, soprattutto nella cerchia più vicino a Berlusconi, pulluli di ex socialisti ed ex democristiani di destra (nonché di transfughi della sinistra) dà un’idea della continuità tra la prima e la seconda repubblica. Se il programma del Cavaliere era quello di Gelli, come molti hanno scritto, significa che il grottesco capo della P2 ha espresso meglio di ogni altro l’anima profonda della destra italiana.
Un blocco sociale e culturale non è solo un’aggregazione di interessi, anche di lungo periodo. È stile di vita idealizzato, assemblaggio più o meno riuscito di quello che un tempo i sociologi avrebbero chiamato «valori», e cioè punti di vista profondi, è un insieme al tempo stesso concreto e immaginario, e quindi un sistema di rappresentazioni in cui riconoscersi. Berlusconi ha offerto al blocco sociale orfano del Caf – lo sterminato mondo della piccola impresa e del commercio che un tempo votava Dc, le tante vandee italiane, il cosiddetto popolo delle partite iva, del l’evasione fiscale e dell’interesse particolare a ogni costo, la piccola borghesia impiegatizia del Sud, le clientele elettorali (a cui si aggiungono anche pezzi di classe operaia delusi dai sindacati) eccetera – un modello culturale in cui identificarsi. Il mito della riuscita personale, il paternalismo del «ghe pensi mi», il maschilismo, la rozzezza da cumenda, le barzellette da caserma corrispondono esattamente ai sentimenti profondi e allo stile di vita del blocco sociale di centro-destra. Esattamente come il provincialismo, l’indifferenza in materia di politica internazionale, il cattolicesimo opportunista, l’ostilità per gli stranieri, le tendenze forcaiole in tema di ordine pubblico e sicurezza (2).
Berlusconi, il cui fiuto politico è indubbiamente superiore a quello dei suoi avversari ha sintetizzato tutto ciò nella sua persona. Nella coalizione che sta guidando gli accenti possono essere molto diversi – la truce goliardia xenofoba della Lega, il moderatismo dell’ala cattolica e centrista del Pdl, il perbenismo statalista degli ex missini, le tendenze separatiste a nord come a sud eccetera – ma Berlusconi rappresenta la capacità di mediazione tra posizioni anche lontane. Non avendo probabilmente nessuna idea personale o qualcosa in cui credere (che non sia la volontà spasmodica di guadagno e successo in ogni campo), egli è volta per volta e allo stesso tempo tutto quello che sono i suoi alleati. Si potrebbe dire, con Lao Tzu, che è il vuoto che dà senso al pieno e quindi permette a una sparsa pluralità di funzionare come unità. Che questa sua capacità di leadership si sia affermata con la manipolazione mediatica e la trasformazione di una saga personale in vicenda pubblica non cambia i termini della questione. Berlusconi è un caudillo in declino. Ma ciò significa soltanto che se mai e quando sparirà, il blocco sociale e culturale che lo sostiene andrà in cerca di un nuovo padrone.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/felici-di-odiare/

continua..