Gita aziendale

Da “L’amaca” di Michele Serra (Repubblica, 23 aprile)

E’ in corso un dibattito politologico: se sia o non sia un sultanato il potere berlusconiano. A giudicare dalla prima pagina di “Libero” di ieri, che pubblicava la foto di un trio di majorettes in bikini sostenendo trattarsi di candidate alle europee provinate da Silvio in persona, il sultanato è un modello di governo decisamente troppo ambizioso, e ben temperato. Accostarlo al berlusconismo è incauto e rischia di offendere qualche potente signore esotico con turbante di zaffiri, portamento elegante e ottima conoscenza della lingua inglese. bisogna fare uno sforzo (lo dico al professor Sartori) e cercare definizioni più calzanti al clima allegramente dopolavoristico creato da un ricchissimo padrone che ha trasformato la politica e le istituzioni in un momento di svago per le sue maestranze. Ex segretarie, signorine buonasera, interi cast televisivi, la popolosa filodrammatica di strada che popola i reality, un catalogo ammirevole di fiche di rappresentanza, portaborse e portacarte, avvocati e commercialisti, lo staff medico al completo dall’otorino al callista, scriba al seguito, cantori e giocolieri di corte, ex-nemici acquistati all’ingrosso (asta su E-bay?), barconi affollatissimi di profughi di Hammamet: tutti insieme a Roma e/o Strasburgo, in festosa comitiva. E’ la prima volta nella storia che una gita aziendale diventa classe dirigente.

Chi ci difende dai difensori?

Chi ci difende dai difensori, dai protettori, dai venditori di paura che battono le nostre contrade? Fra un qualunque extracomunitario e un leghista non ho dubbi su chi devo temere. Non ho dubbi su chi rappresenti un rischio concreto per la tenuta sociale, per il nostro (sempre più precario) essere una comunità. E su questo pericolo l’allarme va dato, anche se il tempo perduto è tanto. Le parole sono pietre e non si può accettare tutto con una alzata di spalle, liquidando quelle parole orrende come chiacchiere da bar. Certo, il livello è quello, ma la pericolosità resta tutta. Quanti conoscenti abbiamo sentito pronunciare la famosa frase: “Io non sono razzista. Però….” e giù roba da KuKluxKlan, da Borghezio o simile feccia? Quanti, anche già elettori di “sinistra”, grattando appena, si scoprivano antimeridionali, antiterroni, anti..?
Certo il frutto di quello che Serra ha definito (La Repubblica, 16.1.2009) il “deterioramento ambientale” è davanti a noi. Le vittime della “paura sociale, dell’ignoranza ottenebrante sulla quale soffia la demagogia razzista” sono quelle che poi pontificano sulla “sicurezza”, sul “adesso sono troppi”, anche senza arrivare a concepire idee appena più complesse, ignote al loro buio intellettuale e morale. Gente normale, padri e madri di famiglia, senza arrivare alla vergogna del Presidente del Consiglio provvisorio che racconta la barzelletta sui lager.
Allora bisogna rialzare le difese, ascoltare le parole e fermarle. Non lasciarle correre. Far capire che no, non è normale dire (e pensare) certe cose. Domani un nero diventa Presidente degli USA e noi siamo a riflettere di quanta cultura, istruzione, senso del bello, rispetto della persona ci sia ancora bisogno in questo povero e disperato paese.