“Io non sono padano..”

LETTERA APERTA A UMBERTO BOSSI da Mario Badino cittadino italiano

Gentile signor Bossi,

 Le scrivo per dirle questo: benché settentrionale (al nord sono nato e cresciuto, ho studiato, lavoro) io non sono padano. Vivo ad Aosta, che fra l’altro è più “su” di casa sua, e mi trovo bene con i miei concittadini, tanto i valdostani autoctoni, quelli col cognome francese, quanto i veneti, i calabresi e oggi anche gli stranieri, figli e i nipoti – tutti quanti – di diverse migrazioni.

 

 Come settentrionale, sono stato abituato a credere in alcuni valori che sono di tutti, ma che i nordici hanno ascritto a se stessi (quasi ne avessimo l’esclusiva): l’efficienza, l’industriosità, l’educazione, l’onestà… Mio nonno, in proposito, era solito definire Milano la «capitale morale» del Paese (poi, però, c’è stata Tangentopoli).

Spesso, devo dire, i valori cui ho fatto riferimento qui sopra sono smentiti proprio dai settentrionali, perché non è vero che quassù le cose funzionano bene: abbiamo, anche noi, una rete ferroviaria disastrosa; anche nelle nostre regioni si stanno sistemando le mafie, con la complicità di chi dovrebbe vedere e invece chiude gli occhi; abbiamo una valanga di precari senza prospettive e tanta, troppa gente maleducata e pronta ad arraffare.

Sono i guasti, io credo, di una gestione del Paese nel suo insieme, che – dopo anni di presenza in Parlamento e al governo – vede la Lega seduta sul banco degli imputati accanto alle altre forze politiche, molte delle quali – del resto – guidate da uomini del nord.

 

Signor Bossi, il vento che soffia da nord è freddo. Nel senso di calcolatore, meschino. Un vento di padano egoismo, nato per affermare il diritto del ricco, del benestante, all’isolamento, all’arrocco sul proprio cucuzzolo montano, sul proprio crinale o campanile cinto di mura.

Quando ancora si chiamava lombarda, la Lega fece questo bel ragionamento: «Se noi siamo ricchi, perché non ci liberiamo degli altri?»; e così fu sacrificata la metà (e più) del Paese.

Ma pensa davvero che non avrà alcuna conseguenza l’odio per i meridionali e per gli stranieri che i suoi uomini alimentano in tutte le occasioni, dall’alto di un palco o attraverso un video pubblicato su YouTube? Oppure lodio, simmetrico e inverso al precedente, che i cittadini del sud o dei migranti potrebbero riversare sulle donne e gli uomini del nord?

 

Io sono stufo di vedere pagliacci in camicia verde pronti a proclamarsi artefici della «rivoluzione» (termine utilizzato dall’ineffabile Gentilini); naturalmente una rivoluzione “contro”, fatta per innalzare recinti e mettere di qua i “buoni”, di là i “cattivi”.

Non sopporto la repressione continua dei diritti e delle libertà, sia che si tratti dell’asilo negato ai migranti degli altri Paesi, sia che si tratti del mancato rispetto di un sistema di graduatorie nazionale che regola la libera circolazione dei funzionari delle pubbliche amministrazioni, della scuola.

Non ne posso più di sentire slogan come «prima i veneti», «prima i lombardi», oppure «esame di dialetto» (lo sa quanti “padani” doc sarebbero bocciati a questo accidenti di esame?).

Non ne posso più di gente che propone di sostituire Dante e Boccaccio con qualche scrittorucolo locale, soltanto in base al “diritto di residenza”.

Non ne posso più di padani razzisti e maleducati che pretendono scompartimenti separati in metropolitana, in base al criterio della residenza, o dicono che i napoletani «puzzano», salvo poi vantarsi di aver risolto l’emergenza rifiuti mettendo la monnezza sotto il tappeto (dei napoletani).

Ha detto Gentilini (ancora lui!) che il nord non deve accollarsi i rifiuti del sud. Ma se avviene esattamente il contrario, con le campagne meridionali che ricevono – nella noncuranza dell’esecutivo che lei rappresenta – i nostri rifiuti, per di più quelli tossici, che poi finiranno sulle nostre tavole sotto forma di verdura o mozzarella di bufala.

 

 Se essere padani significa costruire questo mondo, signor Bossi, io metto le mani avanti: io non voglio essere padano. Se non c’è altra soluzione, se i miei concittadini settentrionali continueranno a votare in massa per il suo partito ignorante e razzista, mi troverò costretto a rinnegare le mie origini e chiederò cittadinanza meridionale. Prenda questa lettera come un atto di abiura, come il rifiuto della divisa che gli obiettori di coscienza facevano in caserma, quando non esisteva il servizio civile. Prenda questa lettera per un attestato di disprezzo da parte mia per lei, per il suo movimento e tutto ciò che rappresenta.

Immigrati, per favore!

“Immigrati, per favore non lasciateci soli con gli italiani”, diceva una scritta su un muro che riprendo da ViaEmilianet. Aggiungerei con QUESTI italiani, questo ventre profondo e decomposto che l’attuale governo provvisorio alimenta, solletica. Il razzismo, l’egoismo, la chiusura agli altri c’è sempre stata, ed è fisiologica in un paese ai più bassi livelli per gradi d’istruzione in Europa, ma erano marginali, limitati a fasce svantaggiate della popolazione. I governi dell’epoca si preoccupavano di far crescere il paese (bene, male ma c’era questa sensibilità), di svolgere un’azione pedagogica. Le grandi case ideologiche, le Chiese dell’epoca, bianche e rosse, istruivano, organizzavano, reprimevano alla bisogna. Oggi il governo provvisiorio fomenta e sfrutta quel fiume di bassi istinti, ne fa il proprio riferimento. Le Chiese sono morte, dissolte o chiuse nel loro integralismo autoreferente. In tanti bar del nord c’era la macchietta del “razzista”, quello che ce l’aveva con i marocchini o i terroni. Gli si offriva un bianchetto, lo si faceva sparare due boiate, e poi via, una pacca sulle spalle e amen. Ora quel tizio non è più solo, è diventato onorevole, assessore, ha lo stesso coefficente intellettivo di prima, ma adesso è lui ad offrire da bere e organizzare magari la “ronda” per altri frustrati, deprivati culturalmente ed eticamente come lui.

E con questa Lega abbiamo flirtato, il grande capo baffo perdente ci disse che erano una costola della sinistra. Al massimo erano una costola sinistra di un qualche animale fuori controllo.

Che Italia lasciamo ai nostri figli, se non un paese dove tornare al massimo per le vacanze perchè il futuro è altrove?

Lupi e cani pastore

Abbiamo messo i lupi a fare il cane pastore…e ora ci meravigliamo che spariscano le pecore…
Abbiamo lasciato che in questi anni si usassero parole come pallottole, insulti, abbiamo sentito parlare di “bingobongo”, di prendere le impronte dei piedi e poi quelle digitali, di prendere a cannonate le barche dei profughi, di trasformare Lampedusa in un lager. Oggi sentiamo il ministro degli Interni provvisorio tale Marroni dire che bisogna essere “cattivi”, che bisogna “cambiar musica”. E io, lo dico apertamente, sono d’accordo! Bisogna cambiar musica con questi cialtroni che stanno provvisoriamente al governo. Bisogna essere “cattivi”, bisogna sì “cambiare musica”, ma con loro! Con questi guitti da bar che ci hanno portato a questo punto, per cui qualcuno brucia un poveretto solo perchè è indiano, così per divertirsi. Tanto è un “bingobongo”. Bisogna essere chiari, rigorosi o, semplicemente, seri. Bisogna che questa gente, e chi li vota, lo sappiano che non si tacerà più, che non si accetterà il loro lessico osceno. Serietà e decisione.

Almeno ascoltiamo un noto bolscevico come l’on.Pisanu: “L’immigrazione è un fenomeno che orienterà i processi economici e sociali dell’Europa per un secolo; non lo si può affrontare con l’orecchio teso alle voci delle osterie della Bassa padana. Il sonno della ragione genera mostri. Comportamenti aberranti da una parte. Dall’altra, misure rivolte a tranquillizzare l’opinione pubblica e a giustificare slogan elettorali”.
(http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_02/aldo_cazzullo_immigrati_silvio_non_subisca_la_lega_fb52f5d6-f0f1-11dd-b48f-00144f02aabc.shtml)

E invece cosa ci tocca sentire? Lo squittio del PD secondo cui l’on.Marroni “rischia così di incitare all’odio anche nei confronti degli inermi”. Rischia?? Roba che se fossero stati sul Titanic, dopo l’incontro con l’iceberg, avrebbero detto: “Rischiamo di rovinarci lo smoking stasera…”.
Aspettiamo cosa? Altri bruciati vivi per passare la serata? Scontri fra stranieri e residenti delle banlieu romane? Rischiamo di finire a manganellate? O ci dobbiamo appellare al presidente del Consiglio provvisorio (noto difensore dei diritti umani) perchè calmi il ministro Marroni? O invitare a cena Pisanu e Fini?

Parole, pietre e fuoco

La notte del 23 dicembre è stata bruciata la prima campina per nomadi che il Comune di Reggio aveva realizzato. Una bottiglia molotov. Sull’auto del Sindaco è stata incisa una svastica. Dicembre 2008. Reggio Emilia. Se la marea arriva fino a noi cosa dire? Abbiamo ascoltato le parole dei fascisti e dei leghisti, anche qui a Reggio, medaglia d’oro della Resistenza. Qualcuno ha detto, qualcuno che di politica se ne occupa tutti i giorni: “è il dibattito, è il confronto”. E quelle parole di odio sono continuate, contro i rom (anzi gli zingari), contro gli extracomunitari, contro i gay, contro i diversi (secondo loro). Hanno detto “è la democrazia, bisogna lasciarli parlare”. Abbiamo visto parroci guidare adunate. Abbiamo sentito elettori si sinistra dire tranquilli “io non sono razzista. Però…” e poi sparare roba da KuKluxKlan o da Borghezio. E abbiamo pensato “è la crisi della sinistra”. Abbiamo letto che il buon Kiamparino vuole allontanare la Lega dalla xenofobia. Anche S.Francesco parlò con il lupo. Ma era S.Francesco. E il lupo continuò ad essere lupo.
Le parole sono pietre e non si può scherzare. Prima si stabiliscono regole e poi si gioca. E chi in quelle regole non si riconosce, non gioca, sta fuori ma non perchè noi siamo antidemocratici ma perchè è lui a porsi fuori dalla legge fondamentale che ci è stata data per vivere insieme. Si chiama Costituzione.