Fottuto moralista (G.Caliceti)

Capisco la volontà dell’amica Sara di simpatizzare in questo periodo con il compagno Gianfry, ma faccio fatica a seguirla nel suo ultimo intervento. Conclude affermando: “In quanto alle donne, ognuna di noi ha avuto una vecchia eccentrica zia che ci avrà detto almeno una volta che ad amare un uomo ricco si fa la stessa fatica che ad amare uno povero”.

Il fatto, mi pare, non sia tanto la zia abbiamo avuto noi o nostra sorella. Nè che l’uomo sia ricco o povero. Ma, come ormai, dopo quasi vent’anni di era berlusconiana – ma forse non è tutta colpa sua e delle sue tv – ci sembri assolutamente normale – e lo sia anche per delle ragazze, delle donne, non solo per i maschietti – che ci sia un tasso di troiaggine (non trovo altra parola, scusate) insita, si direbbe, nell’essere femmina. Perchè è questo che si sta dicendo, mi pare. Con allegria.

Lo so, l’argomento è delicato e perciò mi prendo tutti i rischi del caso: e mi do da solo del fottuto moralista. Eppure noi viviamo in un paese in cui il Presidente del Consiglio chiama tranquillamente a Castello le sue pupe per scegliere le nuove onorevoli e nessun giornalista, maschio o femmina che sia, si scandalizza più: farlo apparirebbe forse anacronistico. In cui il corpo femminile è il gadget numero uno di ogni campagna pubblicitaria del cosiddetto libero mercato. In cui anche al nostro sindaco Delrio può scappare di bocca quell’infelice battuta “La De Sciscio è la nostra Carfagna”. In cui è cosa normale che ci siano giovani ragazze immigrate sulla via Emilia che si prostituiscono con emiliani doc di una certa età.

Non è per fare il maschio femminista a tutti i costi, per carità, ma trovo che giustificare, anche con ironia, comportamenti femminili – e maschili – di questo tipo, cioè di mercificazione più o meno tollerata e tollerante, specie da chi si rivolge a un’opinione pubblica con l’intento di informare, non possa che far male: sia agli uomini sia alle donne di domani.

Ma che ironia frizzantina è? A che serve? A sentirsi al passo con dei tempi degenerati? Serve forse a chi fa ironia? Non ne sono scandalizzato, ma non la capisco.

L’articolo citato da Caliceti è in: http://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?titolo=Bellezze+rapaci&idSezione=16286

Spinelli: “Tra D’Alema e soci il solito fratricidio”

Secondo la scrittrice ed editorialista de La Stampa, il Pd deve favorire la creazione di un governo di transizione prima del voto, senza dare spazio a regolamenti di conti interni

Barbara Spinelli, scrittrice ed editorialista de La Stampa, spiega: “Siamo all’ultimo atto. O forse solo all’ultima scena di uno dei tanti atti della tragedia berlusconiana”. Comunque non è un gran bello spettacolo. E il sipario non sembra chiudersi.

I titoli di coda per ora si fanno attendere.
Siamo alla fine della maggioranza parlamentare del premier. L’uscita di Fini dal Pdl può trasformarsi nell’ultimo atto dell’avventura berlusconiana. Si tratta di capire come gestirlo. Può essere l’ultimo atto, ma può anche essere l’ultima scena di uno degli atti di cui è composto il dramma del signore di Arcore. Da questa situazione, che senza dubbio è di fine regno, in realtà Berlusconi ha la possibilità di uscire restando in sella e pesando sulla vita politica italiana in modo molto più forte di quanto immaginiamo.

Accadrebbe se si andasse alle urne con questa legge elettorale?
È molto probabile che se le elezioni non saranno davvero libere il premier vinca ancora e che aspiri tra qualche anno al Quirinale. Bisogna trasformare quest’ultima scena in ultimo atto. Il rischio è andare subito al voto con un regime che ha trasformato le elezioni in un evento non democratico. Sono completamente d’accordo con Flores d’Arcais quando dice che prima vanno sciolti i nodi del sistema elettorale e del monopolio televisivo.

Una parte del Pd, la Finocchiaro ma non solo, dice di non temere le elezioni ‘qui e ora’.
Anche Di Pietro e Vendola: dimostrano però di sottovalutare la natura del regime in cui ci troviamo. Di fare dell’antiberlusconismo senza aver capito cosa significhi davvero il berlusconismo.

Che vuol dire?
Il berlusconismo non è una persona che abusa del proprio potere. È un sistema ormai molto definito di leggi, equilibri istituzionali, rapporti con la Costituzione. È un paesaggio dell’informazione desolato e uniforme. Il problema non è affrontare le urne con questa persona, ma con questo regime. È come se nell’89 – quando sono caduti i regimi comunisti – si fosse andati a votare senza creare nuove Costituzioni, senza un pluralismo politico e nuovi giornali. Noi siamo avvantaggiati, perché una Carta fondamentale ce l’abbiamo già, ma consultare ora gli elettori è una fortissima sottovalutazione del pericolo.

Questione morale: Berlusconi che intima a Fini di fare luce sull’appartamento di Montecarlo non è come quel proverbio in cui lo straccio dice al cencio ‘sei pieno di polvere’?
Certo, è l’affermazione del ‘tutti rubano, quindi nessuno ruba’. È il marcio che c’è non soltanto nella classe politica italiana, ma anche nell’opinione pubblica. Il premier reagisce in questo modo perché Fini ha rotto sulla legalità. Un tema che si riteneva fosse del tutto irrilevante dal punto di vista degli equilibri politici e del funzionamento dello Stato.

Perché Fini non ha spiegato?
Forse gli conveniva e gli converrebbe. Ma visti gli scandali fasulli sollevati in passato dai giornali di Berlusconi (per distruggere Prodi, o Boffo) forse fa bene a ribadire la sua fiducia nella magistratura e a non dire altro.

Questa storia di Montecarlo nasce da un’inchiesta del quotidiano della famiglia Berlusconi. Uscita, esattamente nel momento della rottura tra Fini e Berlusconi, a puntate, particolari e retroscena somministrati con il contagocce. Minaccia, avvertimento, tentativo di ‘condizionamento’?
È più di una minaccia, è l’uso politico dell’informazione. Non voglio dare un giudizio su questa vicenda, perché il modo in cui il Giornale e Libero usano i dossier ha dimostrato la poca credibilità di questi quotidiani.

Berlusconi potrebbe avere problemi di numeri al Senato. Riuscirà a tenere in piedi il governo con qualche equilibrismo o farà la fine di Prodi?
No, alla lunga non potrà. E penso che lui non lo vorrà.

Fini, Casini, Rutelli: anatomia del Terzo polo.
Tendo ad accoglierlo positivamente come inizio di un’alleanza più vasta, che si unisce per traghettare l’Italia verso il dopo B. Mi piace anche l’immagine usata da Casini, ‘area di responsabilità istituzionale’: di essa può benissimo far parte tutta l’opposizione attuale. Lo scopo è creare le condizioni per elezioni veramente democratiche.

Però l’opposizione sembra divisa e confusa: non sarebbe il momento per dare una linea forte, comprensibile agli elettori e condivisa all’interno?
Sono stati colti tutti alla sprovvista: e ci metto Pd, Vendola, Di Pietro. Non credo che Bersani abbia ragione quando dice che il merito di questa situazione sia del Pd e non di Fini. Io penso che sia Fini a sceneggiare il possibile ultimo atto del berlusconismo. Bersani fa giuste analisi: bisogna uscire da questo pantano, predisporre una nuova legge elettorale con un governo di transizione. Mi stupisce il fatto che dica tutto questo alla leggera, che non stia elaborando una strategia concreta: obiettivi, alleanze, strade.

Parole in libertà?
Sembra quasi di sì. Per esempio: buttare lì il nome di Tremonti ha creato problemi dentro il Pd e a Tremonti stesso. Una candidatura possibile – che a me non piace molto, ma può forse servire a disfarsi del presente regime – viene semplicemente bruciata prima di averla negoziata. Imperdonabile leggerezza.

D’Alema ha già bocciato Vendola: è il peccato originale del Pd non riuscire a vedere oltre il proprio naso?
È la solita logica del fratricidio. E il non voler vedere che Vendola ha tutti i numeri per diventare un leader. Ha linguaggio, freschezza, libertà dagli apparati. Un personaggio così è preziosissimo da coltivare e persuadere. Uno di cui il centrosinistra ha bisogno, non nell’ora in cui si deve uscire dal berlusconismo, forse, ma in futuro sì. È grottesco liquidarlo così, per di più da parte di D’Alema che da 15 anni ha regolarmente fatto accordi con Berlusconi.

Il Partito democratico ha votato Vietti alla vicepresidenza del Csm e lanciato Tremonti come ipotetico premier. Ma gli elettori del Pd vogliono davvero uno che ha contribuito alla depenalizzazione del falso in bilancio a Palazzo dei Marescialli e l’uomo dello scudo fiscale a Palazzo Chigi?
Si ritorna alla questione della legalità, un tema che soltanto una parte del Pd sente come prioritario. Non a caso chi rompe tutto su questa questione è Fini non la sinistra. Questo tema è stato considerato “antiberlusconismo” e il Pd ha sempre detto che nuoceva alla sinistra.

Da destra si urla contro il giustizialismo tutte le volte che si pone un problema che ha a che fare con la giustizia e il rapporto tra i poteri. Ma la legalità non è un totem, è uno strumento.
La legalità è uno strumento essenziale che permette alla democrazia di funzionare e ai poteri di dialogare correttamente. Se i poteri non hanno autonomie garantite la democrazia non c’è più.

Facciamo una previsione. Elezioni subito o governo di salute pubblica?
Io spero, l’ho già detto, in un esecutivo che riscriva il “porcellum” e l’assetto dell’informazione televisiva. Al di là di quello che auspico, la previsione è un azzardo perché dipende dell’estensione e dalla forza della nuova ‘area di responsabilità istituzionale’. E dall’intelligenza del Partito democratico che, per favore, aiuti a creare questo governo di transizione, senza cercare di regolare per l’ennesima volta i conti tra le correnti del Pd. Che abbia un’idea chiara, magari ce la tenga nascosta, ma la porti avanti seriamente e con rigore. Non da pecioni, bruciando in anticipo gli eventuali candidati.

Da Il Fatto Quotidiano del 7 agosto 2010

La libertà dei servi (M.Travaglio)

C’ è vita nel Pd ora che il Pdl scoppia? Nemmeno i rilevatori più sensibili, quelli in grado di captare il battito d’ali delle farfalle, riescono a cogliervi minime tracce di attività vitale. Anzi, più si sentono parlare i cosiddetti leader di quella che dovrebbe essere l’alternativa al regime che frana, più si capisce che non hanno nulla da dire. Quando sono proprio al massimo dell’attività cerebrale non riescono ad architettare che governicchi tecnici, istituzionali, balneari, ammucchiatine ribaltoniste buone solo a evitare ciò che più di ogni altra cosa li terrorizza: le elezioni, anzi gli elettori. Abituati a far politica a tavolino, a prescindere dalla gente, non riescono nemmeno a immaginare qualcosa di decente che convinca gli italiani a votarli. Soggiogati dall’incantesimo berlusconiano, non trovano parole che non siano già state confiscate da B. o che non provengano dal Jurassic Park della Prima Repubblica. Basta leggere l’intervista a Repubblica di quello che dovrebbe essere l’homo novus del Pd, Sergio Chiamparino, che ha 62 anni e s’iscrisse al Pci nel 1970. Il tenero virgulto ha un’idea davvero fulminante: “Ci vuole un congresso per dettare la nostra agenda”. Roba arrapante: già immaginiamo milioni di elettori elettrizzati che si accalcano alle porte transennate del congresso, ansiosi di visionare “la nostra agenda”. Nazareno Gabrielli? O Buffetti? O Vagnino? Pelle o similpelle? Saranno previste agendine tascabili per i minori? E non è finita: “Si individuino – intima il virgulto – quattro problemi per avanzare proposte alternative forti”. Anzi tre: “Il federalismo; le relazioni tra imprese e sindacati; il fisco”. La prima parola d’ordine è già occupata da Bossi, la terza da B. e sulla seconda è meglio stendere un velo pietoso, visto che i Chiamparini fino al mese scorso erano innamorati persi di Marchionne, poi hanno scoperto chi è. L’idea di parlare di legalità non li sfiora neppure, anche perché metterebbe in fuga metà del partito, infatti quella bandiera se l’è fregata Fini. Per capire qualcosa in questo manicomio organizzato è utile il saggio di Maurizio Viroli, La libertà dei servi: descrive il “sistema della corte” in cui lo strapotere del despota assorbe tutto e tutti quelli che vogliono contare qualcosa, tanto gli alleati e i servi quanto i presunti oppositori che finiscono col confinarsi nel recinto cortigiano, parlando solo di quel che vuole Lui e usando solo le sue parole. Bisogna eleggere i membri laici del Csm? Non sia mai che si esca dal recinto: Lui ci manda i suoi avvocati, Bossi ci manda il suo avvocato, dunque il Pd ci manda l’avvocato di D’Alema. C’è da eleggere il vicepresidente del Csm? Si prende un bel democristiano che è stato sottosegretario di B, convive da una vita coi Cuffaro e i Cesa, ha salvato B. depenalizzandogli il falso in bilancio, escogitandogli il legittimo impedimento, votando tutte le leggi vergogna nessuna esclusa, e ora dice “basta conflitti fra politica e magistratura”. È una scempiaggine senza capo né coda, lo sanno tutti che i “conflitti” sono processi doverosamente istruiti dalla magistratura su politici ladri e mafiosi. Ma chi li chiama “processi” e non “conflitti” esce dal recinto della corte, non sia mai. C’è pure il rischio di innervosire il Pompiere della Sera e il capo dello Stato, così giulivi per l’elezione quasi unanime dell’ennesimo impresentabile in una istituzione di controllo (nell’italica corte, ogni robaccia che puzza lontano un miglio diventa Chanel numero 5 purché sia “condivisa”). Intanto il capo dello Stato, stando ai boatos, blocca la nomina di Paolo Romani a ministro dello Sviluppo economico perché sarebbe in conflitto d’interessi per la sua precedente attività di editore televisivo. Oh bella: e perché non ci ha pensato due anni fa, quando Romani divenne sottosegretario delle Comunicazioni? E perché un piccolo conflitto d’interessi dovrebbe impedire a Romani di fare il ministro e uno smisurato conflitto d’interessi non dovrebbe impedire a B. di fare il presidente del Consiglio? Semplice: perché, a corte, Lui è lui e noi non siamo un cazzo.

Dal Fatto Quotidiano del 04/08/2010

Spigoli e spigolature

Il consigliere Eboli propone di riaprire le case chiuse per risolvere il problema della prostituzione di strada. Per un esponente dela Partito dell’amore (mercenario) mi sembra una giusta intuizione. In fondo chi meglio di loro conosce le problematiche di quel “mercato”?

A Scandiano la notte rosa è stata animata da una intelligente operazione culturale: concerti? dibattiti? presentazione di libri? Naaaah, roba vecchia, stantia. Loro sono più avanti: corsa sui tacchi a spillo! Sì, non è un errore di stampa: corsa sui tacchi a spillo per maskietti e femminucce. C’era ancora una pagina bianca nel catalogo delle boiate dopo il ruttosound. Bene. Ora mettiamoci avanti! L’anno prossimo facciamo gare di rutti su tacchi spillo. In attesa dell’apoteosi dell’intelligenza: gare di petosound per “rinfrescare” le notti estive (basta mettersi sotto vento…).

Dieci piccoli indiani, nove piccoli indiani, otto piccoli indiani…No, non è Agatha Christie, è il gioco ad eliminazione del “governo” che ci regge. Scajola, Brancher, Caliendo…chi sarà il prossimo? Basta aver pazienza….

 

 

Un grazie

Un grazie, non formale, agli amici di Campagnola e di Casina, dove abbiamo presentato nelle ultime sere il libro “Il primo giorno d’inverno”. Trovare persone, attente, interessate che scelgono di dedicare una serata estiva a discutere di un libro, anzichè prendersi un gelato o farsi una passeggiata è il miglior riscontro per chi si ostina a fare il mestiere dello storico. E stavolta, non succede spesso, vedere anche amministratori e sindaci interessati alla nostra storia comune, è un buon segnale nel mare di guano che ormai ci sommerge e al quale, sembra, i più abbiano fatto l’abitudine (in fondo ci si abitua a tutto, no?). Non abbiamo la pretesa di cambiare il mondo, continuiamo a svolgere la nostra azione di “manovalanza democratica”per dare un contributo, tutti insieme, a migliorare un po’ questo bel paese (sfpd).