Impiccioni (Massimo Gramellini)

Emilio Alessandrini, magistrato. Giorgio Ambrosoli, avvocato. Vittorio Bachelet, magistrato. Marco Biagi, professore. Paolo Borsellino, magistrato. Bruno Caccia, magistrato. Luigi Calabresi, poliziotto. Rocco Chinnici, magistrato. Carlo Casalegno, giornalista. Nini Cassarà, poliziotto. Francesco Coco, magistrato. Fulvio Croce, avvocato. Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale. Massimo D’Antona, professore. Mauro De Mauro, giornalista. Giuseppe Diana, sacerdote. Giovanni Falcone, magistrato. Francesco Fortugno, medico e politico. Boris Giuliano, poliziotto. Peppino Impastato, conduttore radiofonico. Pio La Torre, politico. Rosario Livatino, magistrato. Oreste Leonardi e con lui tutti gli agenti di scorta caduti sul lavoro. Giorgiana Masi, studentessa. Piersanti Mattarella, politico. Aldo Moro, politico. Francesca Morvillo, magistrato. Emanuele Notarbartolo, banchiere. Vittorio Occorsio, magistrato. Giuseppe «Joe» Petrosino, poliziotto. Pino Puglisi, sacerdote. Guido Rossa, sindacalista. Roberto Ruffilli, professore. Giancarlo Siani, giornalista. Antonino Scopelliti, magistrato. Giovanni Spampinato, giornalista. Ezio Tarantelli, professore. Walter Tobagi, giornalista. Angelo Vassallo, sindaco. E tanti, tanti altri.

Grazie, perché ve la siete andata a cercare. («Senatore Andreotti, come mai Ambrosoli, l’avvocato che indagava sugli illeciti di Sindona, fu ucciso da un killer nel 1979?». «Non voglio sostituirmi a polizia e giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando». Da La storia siamo noi, in onda ieri su Raitre).

L’inesplicabilità del reale

E io continuo a non capire. O meglio, mi sforzo, in fondo è anche il mio lavoro, ma sempre più spesso devo arrendermi di fronte all’inesplicabilità del reale (bello, eh?).

Prendo a caso da cosette degli ultimi giorni: Il PD a Reggio invita Alessandri a FestaReggio e poi si accorge che: a. il verde onorevole si porta dietro gli scherani come claque; b. Tra il “Pd e la Lega non c’è nulla in comune” (Giornale di Reggio, hodie). Geniale. Ma non era più semplice, e soprattutto intelligente, non invitare certa gente?

Intervista su “Il Fatto” a Donna Almirante: “sto con B., gli eredi di mio marito sono La Russa e Storace” (azz..). Ma perché intervistare questo ciarpame? Ci ricordiamo di Almirante nella Rivista “La difesa della razza”? O attivo funzionario in quel di Salò? Mica stiamo parlando con la vedova di Adenauer…Intervista per sapere cosa, che l’erede di un fascista sono due fascisti? Ohhh! Signora mia, la cosa mi scuote le vene e i polsi…

Le elezioni si avvicinano (forse) e noi siamo ancora senza un candidato. Signora mia, arriva la rivoluzione e io non ho niente da mettermi..Intanto si discute sull’unica cosa inutile: come sfondare al centro! Come pianificare l’invasione della Cina. E se prima raccogliessimo i voti-e tanti-di quelli che non sono andati a votare? Magari sconfiggendo, o almeno provando a farlo, la tragica mania della sinistra di dividersi, distinguersi, litigare, all’insegna de “Io sono più a sinistra di te?” Poi se arriveranno i voti del centro (Cuffaro’s friends?) bene, altrimenti siamo avviati alla definitiva pandizzazione.

 Una cosa invece l’ho capita. Che nel 2003 avevamo ragione ad essere contro l’intervento alleato. Eravamo a Berlino in quei giorni, con la fortuna di assistere alle seduta del Bundestag proprio sulla guerra. Ricordo Carlo Porta, felice come un ragazzino, nel corteo degli studenti berlinesi che manifestavano. Ora ci vengono a dire che…beh, sì, è stato un errore. Ce lo dicono quasi tutti, tranne quel sillyboy di Blair e il cainano di plastica. Vabbè, normale, ma all’inglesino riccastro almeno tirano le scarpe e i cavoli, al nostro invece continuiamo a tirare solo accidenti. Che paese!

T.P.Schioppa, la ‘sinistra’ che sta con Tremonti (S.Cannavò)

Se qualcuno non ha ancora capito bene perché il centrosinistra in genere perde contro Berlusconi si rilegga questa frase: “Nell’agire di Tremonti vedo una continuità con la politica del governo Prodi. La vedo e la condivido”. A dirlo al Sole 24 Ore di oggi non è un dirigente qualsiasi del Pd, magari uno di quei “moderati” abbonato al “Riformista” che vorrebbe un centrosinistra ricalcato sul liberismo berlusconiano. No, a dirlo è il predecessore di Tremonti, quell’uomo fortissimamente voluto da Prodi, benedetto da Bertinotti, osannato da Rutelli e Fassino, insomma l’ex ministro del Tesoro Tommaso Padoa Schioppa. Che oltre a tracciare una linea di continuità tra i due governi e tra le due politiche economiche, si mette a fare i complimenti a Tremonti e alla linea rigorista che l’Europa sta seguendo per fronteggiare la crisi. Una linea che sta mantenendo la crescita economica e livelli rasoterra, sta facendo crescere la disoccupazione, intaccare pesantemente le garanzie sociali del dopo guerra (Grecia, riforma pensioni in Francia, pubblico impiego in Spagna e Italia, etc.) garantendo solo i profitti delle imprese che stanno beneficiando del ribasso dell’euro sul dollaro (si guardino le varie semestrali del 2010, ne abbiamo già parlato su questo blog).

Padoa Schioppa si colloca sulla stessa linea di Tremonti ergo, se fosse al suo posto, quindi se il governo Prodi fosse ancora in vita e avesse dovuto incontrare la grande crisi, farebbe le stesse cose. Non ne avevamo dubbi, e del resto non ne hanno tutti coloro che quotidianamente vivono in questo paese, mandano i figli a scuola, hanno a che fare con la burocrazia, si servono (?) dei servizi sociali, e così via. Tutti costoro sanno benissimo che da almeno venti anni questo paese, nelle cose che contano, che incidono sulla vita di una persona, della sua famiglia, dei propri amici – compresa la legalità e le varie corruttele – non c’è nessuna discontinuità apprezzabile tra un governo e l’altro. Ovviamente Berlusconi è più spregevole, si fa tranquillamente gli affari suoi, si serve di ministri compiacenti e incapaci – come giudicare le ultime prestazioni di un’imbarazzante Gelmini? – insomma la fa davvero sporca perché sporco è il suo Dna. Ma gli altri, ogni volta che hanno avuto la loro possibilità cosa hanno fatto per migliorare questo paese? Padoa-Schioppa passava per uomo “nuovo”, un professore estraneo alla politica, competente e risanatore. Oggi si sente prossimo di Tremonti e questo può anche significare che un governo Tremonti con dentro tutti prima o poi vedrà la nascita. E qui sta il nodo fondamentale della crisi politica italiana: la disillusione, la demoralizzazione progressiva. Voglio mettermi nei panni di chi in una figura come l’ex ministro di Prodi ha creduto davvero e che ha sempre professato una forte avversione a Berlusconi e alla sua cultura. Cosa deve pensare leggendo quelle affermazioni? Deve farsi prendere dalla sindrome del 25 luglio, immaginando un nuovo Galeazzo Ciano che consacri la caduta del “dittatore”? O deve invece prendere atto che anche l’ipotesi “riformista-modernista” incarnata da figure come quella di Padoa Schioppa è deludente e perdente proprio perché inadeguata?

Rispondo preventivamente a quanti commenteranno dicendo che il problema di fondo è Berlusconi e che bisogna fare di tutti per liberarsene. Proprio perché sono d’accordo con questo assunto, penso che per liberarsi di Berlusconi si possa fare di tutto tranne che creare le condizioni della sua eternità. A ogni prova di governo il centrosinistra ha mancato la speranza del cambiamento e ha seminato i germi della rinascita della destra, non solo in Italia. Chi conosce la Francia sa bene che l’exploit del Front National di Le Pen affonda nelle delusioni prodotte dalla vittoria di Mitterand del 1981 e altri esempi, tra cui Obama, si potrebbero fare. Una sinistra, anche un centrosinistra che non produca cambiamenti tangibili, miglioramento delle condizioni di vita, attacco ai poteri forti, una prospettiva futura non esiste in natura. E’ destinato a essere solo un pallido risvolto di una destra anch’essa in crisi. La storia italiana è lì a ricordarlo implacabilmente. E invece c’è ancora chi, nel centrosinistra italiano, sogna improbabili leader in grado di battere il “puzzone”: un banchiere come Passera, un imprenditore discutibile come Montezemolo, un architetto già discusso come Stefano Boeri a Milano. Oppure Casini, ancora Rutelli, forse lo stesso Fini. E quello, “il puzzone” se ne sta lì, imperterrito, tranquillo e beato a ricevere attestati di stima indiretti che ne perpetuano la durata e la malsana attività.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/03/padoa-schioppa-la-sinistra-che-sta-con-tremonti/56326/

E ci risiamo…

Storchi.jpgGiornate di polemichette sulle violenze del dopoguerra sulla stampa locale. Sarà il caldo, la fine dell’estate, poche notizie, ma si tirano fuori vecchie storie come fossero scoperte clamorose. Il solito uso della storia come clava da usarsi sulla zucca del nemico di turno. Dispiace citarsi ma qualcuno di quelle tristi storie se ne occupa da quasi vent’anni e qualcosina l’avrebbe anche scritto. Ma, come si sa, nulla è più inedito di quello che è stato (già) pubblicato.

Se qualche amico fosse interessato segnalo il “fondamentale” saggio del 1998 “Combattere si può vincere bisogna” uscito presso Marsilio. Bastava leggerlo, mah… (qualche copia c’è ancora nei sotterranei di FB)

..Sarà la dinamica del segno?

meeting-rimini-2010_articleimage.jpgChiedo aiuto agli amici che, come noto, si vedono nel momento del bisogno. Nel mio arduo percorso di approfondimento di Comunione e Fatturazione mi sono scaricato il sottoscritto Comunicato stampa. Me lo sono letto 3 volte senza capirci un tubulo, il ten.Drogo, uso a ben altri cimenti, l’ha letto da capo a fondo e poi si è allontanato urlando improperi oscuri in una lingua ignota e ora lo vedo saltellare e becchettare l’erba sugli spalti di FB. Che avrà voluto dire?

Leggete e poi ditemi. Per aiutarvi/mi ho evidenziato alcuni passaggi, letti i quali potete barrare una delle seguenti opzioni come risposta alla domanda “What does it mean? (Sa vòl dìr?)”: a. Sono parole in libertà; b. Fried air (aria fritta); c. Ecco cosa succede ad andare a Rimini in agosto e scordarsi il cappello; d. Dov’è la moschea più vicina; e. Boh?

65. Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore

 

L’incontro con don Stefano Alberto sul tema del Meeting di quest’anno

Cos’è il cuore e cos’è questo leopardiano “misterio eterno dell’esser nostro”? Quali riduzioni subisce di continuo? Quale risposta può avere il suo “desiderio di abbracciare le infinite possibilità del reale”, come grida il Miguel Mañara di Oscar Milosz? Il compito di spiegare il titolo del Meeting di quest’anno spetta a don Stefano Alberto, docente di Introduzione alla teologia all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, che si è messo per strada con due grandi compagni di viaggio: Giacomo Leopardi e monsignor Luigi Giussani.

Senza trascurare, comunque, l’incontro con altri prestigiosi viandanti: da Claudel a Camus, da Nietzsche a Pavese. Anche se era chiaro che quello che teneva per mano tutti, nel senso che ne illuminava le parole e ne approfondiva le ragioni, era monsignor Giussani, ampiamente citato lungo tutta la lectio.

Introdotto dallo storico dell’arte Marco Bona Castelletti, don Alberto ha parlato per un’ora, in un auditorium gremito, al pari dell’ampio spazio antistante il salone. Il suo intervento è stato trasmesso dal maxi schermo della Hall Sud e da altri impianti sparsi per la Fiera; la vita del Meeting ha subito un improvviso rallentamento.

A don Giussani appartiene la definizione del “cuore” come quel complesso di evidenze ed esigenze originali (di felicità, verità, bellezza, bontà, giustizia) con cui l’uomo è lanciato dalla natura nell’universale paragone con se stesso, con gli altri e con le cose. Un cuore che, nell’incontro con la realtà, si scopre insoddisfatto, domanda l’impossibile. Come il Caligola di Camus, che chiede la luna, o comunque “qualcosa che non sia di questo mondo”.

Una natura insoddisfatta che nasce da una sete inestinguibile. Il Leopardi dei Pensieri scopre “il maggior segno di grandezza e di nobiltà” dell’uomo proprio nel “trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo”. Intuizione che il poeta ripropone in Sopra il ritratto di una bella donna: le circostanze destano desideri infiniti ma basta “un discorde accento” perché tutto venga meno.

Un “misterio eterno” che non può essere liquidato come “confusa velleità di un adolescente” (Sapegno docet), come domande giovanili che poi i filosofi allontanano da sé come assurde. Anzi. La pianista russa Marija Judina, grande “ospite” di questo Meeting, sosteneva il contrario: “La grandezza dell’uomo non sta principalmente nelle sue doti bensì nell’impulso ad osare, nel suo cuore che ha sete di infinito”.

Questo impulso, questa tensione all’infinito, come già asserito da Leopardi, non regge però ai limiti e alla contraddittorietà delle realizzazioni storiche per cui, non arrivando la risposta che ciascuno tende ad immaginare, “si finisce – ha affermato don Alberto – per ridurre o svuotare di senso le domande ultime costitutive del mio umano”.

La “saggezza”, allora, diventa quella delle colonne d’Ercole dell’Ulisse dantesco: bisogna restare entro la misura stabilita dall’individuo o dalla mentalità che lo circonda.
Nella confusione odierna, in cui si nega ogni elemento spirituale e si riduce il desiderio ad istinto, è ancora Leopardi, con Il pensiero dominante, a mettere al centro il cuore, che se ne sta, gigantesco, conficcato dentro l’uomo “siccome torre in solitario campo”. Nel suo capolavoro, Il senso religioso, Giussani spiega che il cuore non è un’astrazione filosofica, una creatura dell’alienazione umana: è un dato, un criterio di giudizio posto dentro di noi per sapere che cosa mi corrisponde della realtà. È chiaro che il cuore di don Giussani, e del Meeting, non ha nulla a che vedere con certe riduzioni sentimentali che lo contrappongono alla ragione. “Si può affermare – ha chiarito don Stefano – che per Giussani cuore si identifica con ragione, che è coscienza della realtà nella totalità dei suoi fattori”. Ma allora, perché chiamarlo cuore? Risponde don Giussani: “
Perché il cuore è il luogo dell’affectus, ma l’affectus non è antitetico a ragione, è l’aspetto ultimo della ragione”.

Per cui “il cuore è la sede delle evidenze ed esigenze originali che proiettano l’individuo sulla realtà, cercando di registrare come essa è”. “La ragione – incalza il fondatore di Cl – coglie la realtà sostenuta dall’affettività propria di un giudizio di corrispondenza tra la realtà e il cuore, le esigenze del cuore”. Don Alberto, poi, ha chiarito cosa voglia dire fare esperienza, spiegando che è cosa diversa dal semplice provare: “Ciò che si prova diventa esperienza quando è giudicato dai criteri del cuore: se è veramente vero, veramente bello, veramente buono, veramente felice”.

Il docente della Cattolica non si è fermato alla definizione del cuore. Sempre in compagnia dei suoi due amici, è andato oltre, raccontando l’esempio del bambino che aveva smontato una sveglia e alla fine aveva tutti i pezzi dell’orologio ma non era più capace di rimetterli insieme, perché l’idea della sveglia non era un altro pezzetto ma un’altra cosa. Spiega Giussani: “Senza il riconoscimento del Mistero come fattore della realtà non c’è esperienza. Il reale ci sollecita a ricercare qualcosa d’altro che è il significato ultimo di ciò che appare.

È la dinamica del segno. Bloccare questa dinamica all’apparenza sarebbe soffocare irragionevolmente l’impeto originale con cui il cuore, provocato, si protende sul reale”. Leopardi, secondo Giussani, non era andato molto lontano dal capire questo. In Alla sua donna parla di una “Cara beltà”, sempre desiderata e mai raggiunta ma non per questo inesistente, forse viva in altri mondi. Una beltà alla quale far giungere il suo inno di “ignoto amante”. Per Giussani, “Gesù era profetizzato dal genio di Leopardi milleottocento anni dopo la sua esistenza”. Quel Gesù nel quale tutte le esigenze elementari del cuore si sono fatte carne.

“Gesù Cristo – è ancora il pensiero di don Giussani ad emergere – si rivela come una presenza che corrisponde in modo eccezionale ai desideri più naturali del cuore e della ragione umani. Davanti al suo ‘vieni e seguimi’, pescatori, mafiosi, prostitute, sapienti, politici sono chiamati a decidere se aderire al vero più che alla propria idea o al proprio tornaconto”. Ma c’è una condizione indispensabile per rispondere a Cristo: prendere coscienza di se stessi e delle proprie esigenze. Altrimenti Cristo diviene un puro nome.

“Realisticamente – ha detto don Alberto – senza l’aiuto di Cristo l’uomo non riesce a vivere a lungo senza farsi del male”. Una fragilità di cui il potere approfitta per ridurre l’ampiezza infinita dei desideri dell’uomo e illuderlo che possa trovare soddisfazione in risposte parziali. “Mentre l’attrattiva che tutte le circostanze hanno – scrive don Giussani – è qualcosa di provvisorio che rimanda all’attrattiva definitiva ed ultima della grande Presenza”.
Questa contemporaneità di Cristo, che da battezzati i cristiani vivono nella Chiesa, è la condizione per la rinascita dell’io, per la trasformazione dei normali connotati dell’esistenza umana: l’amore, l’amicizia, il lavoro, la politica. Dice Benedetto XVI che “il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa chiave di giudizio e di trasformazione”. Don Alberto conclude con una lettera di Andrea Aziani, un suo caro amico, missionario laico di Cl, morto due anni fa.

“Occorre che qualcuno si innamori di ciò che ha innamorato noi – scrive fra l’altro Aziani, e la voce di don Alberto si incrina – ma per questo noi dobbiamo bruciare, letteralmente ardere di passione per l’uomo, perché Cristo lo raggiunga”.
(D.B.)
Rimini, 24 agosto 2010

 

Che dice Rosalinda Celentano?

meeting-rimini-2010_articleimage.jpgVorrei capire cosa succede a Rimini, al Meeting di Comunione e fatturazione. Ho spulciato l’elenco dei Comunicati stampa ufficiali. Dateci un’occhiata anche voi:

Rosalinda Celentano si confronta con la Sindone

Un impegno per ciascuno. Ognuno al suo lavoro

Conferenza stampa Carfagna – Cota – Alemanno – Vignali

Piccolo è bello, nano ancor meglio

Chi crede si incontra: la natura del dialogo vero

Federalismo: nuovo nome dell’unità d’Italia

“Vorrei diventare il santo protettore dei comici”

Santa messa in rito bizantino slavo

Brian Kazzaniga & the rock ‘n roll band

Dentro e oltre la crisi: incontro con Giulio Tremonti

Desiderare Dio: il “Cineforum” del Cardinale Scola

Il senso religioso e il pensiero cinese

Muisland: terra Naomi e Radiolondra

Conferenza stampa col Cardinale Scola

Al cuore dell’esperienza: perdonare è possibile

Conferenza stampa con Marcegaglia, Geronzi, Lupi

Conferenza stampa con Roberto Maroni

L’ultima parola è dei pavoni

etc…

http://www.meetingrimini.org/default.asp?id=673&edizione=4928&item=5&value=0

Rivoluzione liberale

(Dopo l’attacco di “Famiglia Cristiana”)

L’AFFONDO DI FAREFUTURO – Anche FareFuturo, l’associazione culturale vicina al presidente della Camera, Gianfranco Fini, torna ad esprimere critiche sul Pdl e sul suo leader. E lo fa rivolgendosi ai «berlusconiani moderati»: «Ci avete (ci abbiamo) provato, ci avete (ci abbiamo) creduto. La strada che doveva trasformare l’Italia è cambiata, passo dopo passo, sotto i nostri occhi. Si è snaturata. E da liberale è diventata populista (e leghista). Non c’è niente di male ad ammetterlo. E non c’è niente di male a provare a cambiare strada, per provare a ricominciare, per non tradire se stessi, quello in cui si è creduto. Ci sono nuovi percorsi possibili. Niente è sicuro nella vita. Ma vale la pena di provare, almeno». E ancora.: «Ve la ricordate la Rivoluzione liberale? Bei tempi. Ma adesso, siete così convinti, cari pidiellini “moderati”, che la Rivoluzione liberale (quella che guardava alla signora Thatcher e al presidente Reagan con ammirazione e con invidia) possa avere il volto di Vladimir Putin, e possa davvero consumarsi sotto il tendone di Gheddafi? Davvero credete che la Rivoluzione liberale possa essere cantata da Vittorio Feltri e dal suo Giornale? Davvero pensate che la Rivoluzione liberale possa affidarsi alle mani di Cosentino e di Verdini? E possa rispecchiarsi nel senatore Quagliariello che grida ‘assassino’ a Beppino Englaro e a chi ha mostrato solidarietà a un padre travolto da diciassette anni di dolore?». E poi c’è il capitolo Lega: «Davvero pensate che la Rivoluzione liberale possa essere appaltata alla Lega Nord? A Umberto Bossi, Roberto Cota, Roberto Calderoli? Siete sicuri che la rivoluzione liberale sia fatta di medici e presidi spia, di respingimenti in mare, di conflitti con le Nazioni Unite, di schedature? E poi di ‘culattoni!’ e di maiali al guinzaglio? Davvero volete che le vostre idee e i vostri progetti (ma anche, soprattutto, i vostri seggi, parliamoci chiaro….) si tingano di verde padano?».

LA REPLICA DELLA LEGA – A FareFuturo ha subito replicato la Lega Nord, per bocca del senatore Piergiorgio Stiffoni: «Dagli anni ’80 è in atto una rivoluzione copernicana che ha visto Umberto Bossi combattere contro il sopruso, il malaffare, l’inciucio e la distruzione del nord. Questa in atto è la vera rivoluzione cui hanno paura chi aspira a ‘Papa Re’. Quella liberale è una rivoluzione ormai vecchia e stantia che non ha portato negli anni alcun beneficio. Eppoi, chi sono i veri liberali? Fini, Bocchino, Granata, Rutelli, Casini e chi più ne ha più ne metta: non ci pigliamo per i fondelli».

http://www.corriere.it/politica/10_agosto_24/famiglia-cristiana-farefuturo-attacco-berlusconi-pdl_09f09cd6-af7f-11df-bad8-00144f02aabe.shtml

Comunione e…

eni24.jpgCosa c’entri Comunione e Fatturazione con il Vangelo me lo sono sempre chiesto. Ho conosciuto qualche ciellino e la distanza fra lui e un cristiano mi è sempre sembrata galattica, come paragonare Bondi (scusate la parolaccia) a Magris. Ma si sa, il sottoscritto ha già il suo posto prenotato agli Inferi, sebbene ultimamente dall’iniziale girone del lussuriosi pare che finirò in quello degli accidiosi. Eh, si sa..si invecchia..

Ma Comunione e Pianificazione no, quelli sono i veri kristiani, quelli abili, svelti, croce e conto corrente, messa e partita IVA, con tanto, tanto, tanto pelo sullo stomaco, vuoi mettere? E poi loro sono davvero aperti all’umanità. Accolgono tutti. Quelli che contano, ovviamente. Così abbiamo sentito Tremendino Tremonti dirci che la sicurezza sul lavoro è un lusso che non possiamo permetterci (gli ricordiamo che anche gli schiavi che costruivano le piramidi avevano le ferie e la mutua), la Marcegaglia (con il suo stuolo di avvocati, visto i procedimenti giudiziari di papà e ditte varie) osannare le meravigliose e progressive sorti dell’imprenditoria nazionale e poi, finalmente, ieri, l’epifania!

E’ stato proclamato il Vangelo secondo Sergio (Marchionne). Secoli di buio, di lotte (di classe), di conflitti (fra capitale e lavoro) spazzati via in un attimo: un lampo, una punto una panda e una qubo e voilà! Marx ci faceva ridere, Weber? Uno sfigato. Ci vuole uno “scatto” e via! E’ vero, noi siamo i miliardari e voi avete le pezze al culo, ma, signora mia, i soldi non danno la felicità (sapesse poi i debiti…)! Noi giochiamo con i miliardi di euro spostando fabbriche qui e là e voi restate senza lavoro? Colpa dei sindacati! E’ tanto semplice, moderno: noi vi diamo un lavoro e voi state zitti e muti. “Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno”, cantava il piccoletto. Davanti a simile rivelazione la platea di Comunione e Masturbazione è andata in solluchero: “sìììì, Sergio, ancora….” (roba che più neanche la signora Marchionne dice..). Quasi quasi domani entro in una Concessionaria FIAT, salto su una Croma e me ne vengo via, tanto cosa vuoi che sia una miserevole auto in confronto all’eternita? Siamo felici, l’orizzonte è libero e sgombro di nubi. Grazie Comunione e Trattazione!

p.s. I cabasisi ci girano perchè, Vangelo di Sergio a parte, i poveracci (giovani o vecchi poco importa) ci restano sempre con le..dita in mezzo, fra una classe imprenditoriale arcaica (atta più al saccheggio che al rischio di impresa) e un sindacato altrettanto arcaico, diviso fra collaborazionismo e “lotta dura e senza paura”, ma mai “con intelligenza e previdenza…”.

Fottuto moralista (G.Caliceti)

Capisco la volontà dell’amica Sara di simpatizzare in questo periodo con il compagno Gianfry, ma faccio fatica a seguirla nel suo ultimo intervento. Conclude affermando: “In quanto alle donne, ognuna di noi ha avuto una vecchia eccentrica zia che ci avrà detto almeno una volta che ad amare un uomo ricco si fa la stessa fatica che ad amare uno povero”.

Il fatto, mi pare, non sia tanto la zia abbiamo avuto noi o nostra sorella. Nè che l’uomo sia ricco o povero. Ma, come ormai, dopo quasi vent’anni di era berlusconiana – ma forse non è tutta colpa sua e delle sue tv – ci sembri assolutamente normale – e lo sia anche per delle ragazze, delle donne, non solo per i maschietti – che ci sia un tasso di troiaggine (non trovo altra parola, scusate) insita, si direbbe, nell’essere femmina. Perchè è questo che si sta dicendo, mi pare. Con allegria.

Lo so, l’argomento è delicato e perciò mi prendo tutti i rischi del caso: e mi do da solo del fottuto moralista. Eppure noi viviamo in un paese in cui il Presidente del Consiglio chiama tranquillamente a Castello le sue pupe per scegliere le nuove onorevoli e nessun giornalista, maschio o femmina che sia, si scandalizza più: farlo apparirebbe forse anacronistico. In cui il corpo femminile è il gadget numero uno di ogni campagna pubblicitaria del cosiddetto libero mercato. In cui anche al nostro sindaco Delrio può scappare di bocca quell’infelice battuta “La De Sciscio è la nostra Carfagna”. In cui è cosa normale che ci siano giovani ragazze immigrate sulla via Emilia che si prostituiscono con emiliani doc di una certa età.

Non è per fare il maschio femminista a tutti i costi, per carità, ma trovo che giustificare, anche con ironia, comportamenti femminili – e maschili – di questo tipo, cioè di mercificazione più o meno tollerata e tollerante, specie da chi si rivolge a un’opinione pubblica con l’intento di informare, non possa che far male: sia agli uomini sia alle donne di domani.

Ma che ironia frizzantina è? A che serve? A sentirsi al passo con dei tempi degenerati? Serve forse a chi fa ironia? Non ne sono scandalizzato, ma non la capisco.

L’articolo citato da Caliceti è in: http://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?titolo=Bellezze+rapaci&idSezione=16286

La libertà dei servi (M.Travaglio)

C’ è vita nel Pd ora che il Pdl scoppia? Nemmeno i rilevatori più sensibili, quelli in grado di captare il battito d’ali delle farfalle, riescono a cogliervi minime tracce di attività vitale. Anzi, più si sentono parlare i cosiddetti leader di quella che dovrebbe essere l’alternativa al regime che frana, più si capisce che non hanno nulla da dire. Quando sono proprio al massimo dell’attività cerebrale non riescono ad architettare che governicchi tecnici, istituzionali, balneari, ammucchiatine ribaltoniste buone solo a evitare ciò che più di ogni altra cosa li terrorizza: le elezioni, anzi gli elettori. Abituati a far politica a tavolino, a prescindere dalla gente, non riescono nemmeno a immaginare qualcosa di decente che convinca gli italiani a votarli. Soggiogati dall’incantesimo berlusconiano, non trovano parole che non siano già state confiscate da B. o che non provengano dal Jurassic Park della Prima Repubblica. Basta leggere l’intervista a Repubblica di quello che dovrebbe essere l’homo novus del Pd, Sergio Chiamparino, che ha 62 anni e s’iscrisse al Pci nel 1970. Il tenero virgulto ha un’idea davvero fulminante: “Ci vuole un congresso per dettare la nostra agenda”. Roba arrapante: già immaginiamo milioni di elettori elettrizzati che si accalcano alle porte transennate del congresso, ansiosi di visionare “la nostra agenda”. Nazareno Gabrielli? O Buffetti? O Vagnino? Pelle o similpelle? Saranno previste agendine tascabili per i minori? E non è finita: “Si individuino – intima il virgulto – quattro problemi per avanzare proposte alternative forti”. Anzi tre: “Il federalismo; le relazioni tra imprese e sindacati; il fisco”. La prima parola d’ordine è già occupata da Bossi, la terza da B. e sulla seconda è meglio stendere un velo pietoso, visto che i Chiamparini fino al mese scorso erano innamorati persi di Marchionne, poi hanno scoperto chi è. L’idea di parlare di legalità non li sfiora neppure, anche perché metterebbe in fuga metà del partito, infatti quella bandiera se l’è fregata Fini. Per capire qualcosa in questo manicomio organizzato è utile il saggio di Maurizio Viroli, La libertà dei servi: descrive il “sistema della corte” in cui lo strapotere del despota assorbe tutto e tutti quelli che vogliono contare qualcosa, tanto gli alleati e i servi quanto i presunti oppositori che finiscono col confinarsi nel recinto cortigiano, parlando solo di quel che vuole Lui e usando solo le sue parole. Bisogna eleggere i membri laici del Csm? Non sia mai che si esca dal recinto: Lui ci manda i suoi avvocati, Bossi ci manda il suo avvocato, dunque il Pd ci manda l’avvocato di D’Alema. C’è da eleggere il vicepresidente del Csm? Si prende un bel democristiano che è stato sottosegretario di B, convive da una vita coi Cuffaro e i Cesa, ha salvato B. depenalizzandogli il falso in bilancio, escogitandogli il legittimo impedimento, votando tutte le leggi vergogna nessuna esclusa, e ora dice “basta conflitti fra politica e magistratura”. È una scempiaggine senza capo né coda, lo sanno tutti che i “conflitti” sono processi doverosamente istruiti dalla magistratura su politici ladri e mafiosi. Ma chi li chiama “processi” e non “conflitti” esce dal recinto della corte, non sia mai. C’è pure il rischio di innervosire il Pompiere della Sera e il capo dello Stato, così giulivi per l’elezione quasi unanime dell’ennesimo impresentabile in una istituzione di controllo (nell’italica corte, ogni robaccia che puzza lontano un miglio diventa Chanel numero 5 purché sia “condivisa”). Intanto il capo dello Stato, stando ai boatos, blocca la nomina di Paolo Romani a ministro dello Sviluppo economico perché sarebbe in conflitto d’interessi per la sua precedente attività di editore televisivo. Oh bella: e perché non ci ha pensato due anni fa, quando Romani divenne sottosegretario delle Comunicazioni? E perché un piccolo conflitto d’interessi dovrebbe impedire a Romani di fare il ministro e uno smisurato conflitto d’interessi non dovrebbe impedire a B. di fare il presidente del Consiglio? Semplice: perché, a corte, Lui è lui e noi non siamo un cazzo.

Dal Fatto Quotidiano del 04/08/2010